domenica 27 novembre 2011

L'EUROPA E LA POLITICA ITALIANA

Purtroppo, non resta che ammetterlo, l'Europa, almeno nell'attuale configurazione, è già morta.
L'impressione sempre più distinta è che si sia già avviatoa una fase in cui gli obiettivi comuni, qualunque essi siano, sono scomparsi dall'orizzonte delle cose prese in considerazione dai governanti europei, e il gioco in corso sia come utilizzare al meglio la situazione data nel senso più lato, includendo quindi anche le attuali norme istituzionali europee, per fregare i partners a proprio vantaggio.
Se viene a prevalere questa visione esclusivamente dal punto di vista nazionale, l'Europa come dicevo non esiste più e il simulacro che rimane può solo rendere i rapporti tra stati che hanno già deciso di riprendersi tutte le loro prerogative, più difficili, una specie di cadavere che serve solo ad appestare l'aria.
E' troppo allora chiedere a questi stessi governanti una separazione consensuale? Ancora fino a qualche giorno fa, speravo nel miracolo di un rifiorire di un sentimento europeo, ora, vedendo i tatticismi esasperati in corso, con vertici inconcludenti, e contemporaneamente le indiscrezioni che ci dicono che già ognuno ha già definito da sè come uscirne, sono sempre più preoccupato di questa convivenza forzata che non potrà che lasciare rancori difficilmente smaltibili nel corso dei decenni successivi.
Il meglio che vedo, anche se non credo sia veramente possibile, sarebbe una comune dichiarazione di riaffermazione della volontà di approdare a una federazione europea e contemporaneamente di presa d'atto dell'impossibilità di farlo con le strutture istituzionali e le modalità fin qui sperimentate. Così, ci si lascia da amici, in attesa di tempi migliori, e sarebbe oggi davvero il massimo che possiamo ottenere.
Per quanto invece riguarda specificamente l'Italia, si vede sempre più la portata epocale dell'iniziativa di Napolitano, che ha messo in moto un processo del cui esito nessuno può prevedere il corso, un meccanismo pericolosissimo che ci porterà verso lidi inesplorati, magari distanti dagli obiettivi consapevoli che egli si prefiggeva.
Oggi, l'effetto più evidente sembra consistere in un maggiore accondiscendenza in ambito europeo. D'altra parte, considerato cosa sia Napolitano che Monti rappresentano in base al loro percorso politico personale, ciò è in qualche misura inevitabile.
Tuttavia, uno stesso atteggiamento provoca conseguenze differenti in base al contesto in cui si verifica. Così, se oggi avesse ancora un senso parlare di una reale area comune europea dell'euro, o anche di una reale Unione Europea, tale accondiscendenza potrebbe risultare propizia a far crescere il progetto federale. Se però come dicevo all'inizio, gli egoismi nazionali prevalgono in modo palese, allora andare indifesi a perorare un progetto che non interessa a nessun altro, si tradurrà inevitabilmente nell''assecondare i progetti nazionali degli altri partners a danno della nostra nazione: purtroppo, quando una certa cultura del sospetto si instaura, è molto complicato eliminarla. Napolitano e Monti dovrebbero considerare con la massima attenzione tali rischi e delle possibili conseguenze storiche che ne possono derivare per non essere ricordati come dei traditori della loro patria.
Nel frattempo, nella politichetta nostrana si è scatenato un balletto scomposto da parte dei partiti a potere limitato che deriva dal loro piegarsi alla volontà di Napolitano. Insomma, ai necessari equilibrismi consueti nel rapporto tra i differenti partiti, si aggiunge un nuovo equilibrismo tra il mostrare di sostenere lealmente Monti e mostrare comunque di svolgere ancora un ruolo significativo.
Ciò che appare con una certa evidenza è che malgrado certe sue battute, Berlusconi non ha più alcuna chance di rimanere al centro della scena politica nazionale, fa ormai irrimediabilmente parte del passato. Di conseguenza, il bipolarismo tutto centrato sulla sua persona, la famosa divisione tra berlusconiani ed antiberlusconiani, viene a cadere, e con il bipolarismo entrano in crisi non solo come sembrerebbe ovvio il PDL che lo vedeva come fondatore e proprietario, ma parallelamente entra in crisi anche il PD che mai ha saputo definire una propria polarità davvero autonoma, che insomma si definisse da sè. Veltroni aveva a parole ragione nel volere affermare il PD come polo di centrosinistra senza partitini di contorno: peccato che nei fatti non l'ha praticato permettendo a Di Pietro di accomunarsi, violando così platealmente i propri stessi intendimenti ufficiali, e che in ogni caso non sia stato in grado di definire una propria fisionomia politica credibile, tutta al contrario modellata su modelli esteri quale il Partito democratico USA più che la socialdemocrazia europea. Quest'area politica ha dimostrato di non saper reggere l'urto neoliberista, giacchè ha praticato una politica dell'arretramento progressivo, credendo erroneamente che una posizione più arretrata coincida automaticamente con una posizione più difendibile. Al contrario, questi continui arretramenti hanno finito con il corroborare a livello di opinione pubblica le mosse degli avversari.
La direzione verso cui sembra quindi dirigersi il sistema dei partiti è verso una ricollocazione che veda la formazione di un grande centro per aggregazioni da destra e sinistra sul terzo polo.
Si direbbe che il PD sia destinato a sparire più che a spaccarsi. Il rimescolamento interno dall'iniziale convergenza tra DS e Margherita ha gonfiato enormemente l'ala destra che ormai vede l'adesione di figure storiche dei DS come D'Alema, Fassino e Veltroni. Il PD è ormai come un tennista che si trova con il braccio destro con cui batte molto più muscoloso dell'altro. Se guarda alla sua sinistra, Bersani non vede granchè, e finirà per dovere anch'egli confluire, naturalmente in chiave subalterna, in quest'ala che ha già da tempo un progetto organico di confluenza sul terzo polo. Oggi, Enrico Letta può a ragione figurare come il segretario in pectore, il vero leader del PD, soprattutto dopo l'asse che egli ha praticato con Napolitano per la formazione del governo Monti, e davvero Napolitano appare come il vero killer del PD.
In sostanza sembrerebbe che solo delle sparute frange rimarranno fuori da questo grande centro che magari sarà articolato al proprio interno, ed esse oggi appaiono come le vere vittime dei nuovi equilibri, dovendo verosimilmente approdare aa SEL di Vendola.
Ciò che invece avverrà al PDL è più difficle da pronosticare. Probabilmente esso sì che si spaccherà, ma la parte preponderante dovrebbe confluire anch'essa nel grande centro, lasciando gli ex-AN e qualcunaltro in un partito di destra a sè stante.
Sentivo stamane degli inteventi ad "Omnibus" su La7, e notavo l'errore di prospettiva di alcuni giornalisti che continuano a considerare gli elettori come se fossero vincolati ad una certa appartenenza, con osservazioni del tipo "se sparirà il PDL, non spariranno certo gli elettori PDL". E' un errore gravissimo, perchè in realtà come e meglio del PDL possono ben sparire gli elettori PDL, in genere ben più moderati di Berlusconi e finiti con lui per un'adesione alla sua personale figura. Almeno io non voglio cadere in questo errore, e perciò ci tengo a distinguere tra le dinamiche dei partiti e dei loro dirigenti che sono verosimilmente quelli che ho qui descritto, e ciò che invece avverrà a livello di semplici cittadini. Io non credo all'inamovibilità degli italiani, al sostanzialmente immutato dimensionamento delle loro posizoni politiche, e credo che anche nell'analisi del passato tale tesi sia smentita dalle cifre. Più che mai oggi, in cui la politica finirà per incidere più profondamente nella vita delle persone per i morsi della crisi sulle loro condizioni di vita, credo che gli Italiani usciranno profondamente trasformati da questi eventi in un modo oggi non prevedibile precludendo ogni possibile previsione, e alla fine i partiti saranno costretti ad inseguirli, magari capovolgendo le loro mosse sullo scacchiere partitico.

1 commento:

  1. Vincenzo caro, io di tutta questa situazione me ne sto facendo una malattia. Sì, la sto somatizzando, la notte dormo agitata, mi sveglio più angosciata che mai, è come se avessi una specie di sindrome influenzale che mi fa sentire nauseata e senza forze. Non faccio altro che seguire trasmissioni che parlano della crisi, mi sintonizzo più volte al giorno su Class/CNBC ( su Sky), su internet non leggo nient'altro che pareri sul probabile default dell'Italia e il mio umore è ormai condizionato solo ed esclusivamente da questo maledetto spread. Sono in pieno panico, sono tornata a rivivere l'atmosfera di quando bambina seguivo terrorizzata le edizioni speciali del tg1 che parlavano dei missili russi, puntati verso gli USA, nella Baia dei Porci e quindi della probabile terza guerra mondiale. Invidio la stragrande maggioranza degli italiani che non leggono un giornale, non seguono un tg né un programma di approfondimento, e rimangono nella beata inconsapevolezza della tragedia che sta per compiersi. :-(

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