martedì 6 settembre 2011

LO SCONTRO TUTTO INTERNO AL GRUPPO DOMINANTE

La situazione è sempre più confusa. Apparentemente, ormai coloro che si sentono ricattati, diciamo sotto scacco, sono almeno in due, non solo Berlusconi, ma anche Tremonti. Il loro tentativo acrobatico di mettere d’accordo chi li può salvare dai loro guai giudiziari con chi gli assicura i voti in parlamento, e quindi in primis la Lega, si sta rivelando sempre più impervio.

Ora, poiché chi li tiene per le gonadi fa parte dell’establishment che in un periodo di onda neoliberista, è ovviamente un establishment neoliberista, schierarsi contro questo governo significa sposare il neoliberismo, ed ecco che io, ma vedo anche altri bloggers, si sentono sempre più a disagio nell’attaccare frontalmente questo governo: chiunque arriverà dopo di questo, sarà un governo perfettamente inserito nel conformismo delle leggi obiettive del mercato, e perciò pronto a perseverare nella sostanziale distruzione di quel poco che resta del nostro tessuto sociale e culturale.

Ieri sera, a “L’infedele”, c’è stata un’interessante convergenza sull’ipotesi di una patrimoniale a carico di circa il 20% dei contribuenti più abbienti, che deterrebbero circa il 70% del patrimonio complessivo dell’Italia per una cifra attorno ai 5500 miliardi di euro. Il giornalista Mucchetti acutamente osservava che tanti ricchi stanno ostinatamente chiedendo di essere tassati non certo per altruismo, ma perché l’erosione dei valori azionari e dei titoli costituisce già oggi una patrimoniale che però non ha benefici effetti collaterali, e quindi preferirebbero a questo punto pagarla esplicitamente questa patrimoniale, che servirebbe allo stato per ridurre il debito pubblico e così ridurre il peso degli interessi, rendendo più agevole il raggiungimento del pareggio di bilancio. Se davvero si andasse verso una efficace lotta all’evasione fiscale, questa potrebbe servire a ridurre le aliquote fiscali.

Devo aggiungere che, tranne queste considerazioni sulla patrimoniale, che chi mi segue sa quanto condivido come ipotesi per uscire da questa situazione critica, il dibattito è stato del tutto deludente perché è partito dalla fine, senza minimamente considerare la dimensione globale del problema finanziario: per me, si tratta del pettegolezzo di alcuni cialtroni travestiti da esperti.

Oggi, è anche il giorno dello sciopero generale della CGIL, una decisione assunta da questo sindacato coraggiosamente ed appropriatamente. In questa diatriba tra neoliberisti e furfantelli da strapazzo, è molto opportuna questa presa di posizione dei lavoratori che così si chiamano fuori dai due schieramenti che si fronteggiano tra loro, ma sempre a spese della parte più debole del paese.

Colpisce l’accusa al sindacato di avere indetto uno sciopero in un momento così grave per la nazione, e quindi di aver rotto un legame di solidarietà col resto del paese. E’ evidente che c’è stata proprio una rottura, una vera e propria mutazione antropologica nel pretendere, anche all’interno del PD, che si stia zitti a subire i provvedimenti governativi, di attendere dicono altri l’iter della discussione parlamentare. Ma è proprio questo il punto, che la discussione parlamentare non deve avvenire in un vuoto di dibattito, una discussione che quindi sarebbe confinata alle consuete diatribe tra opposti interessi particolari: qualcuno in questo paese dovrà pure farsi carico dell’interesse generale! E del resto è stato proprio il governo a provocare questa risposta con l’inserimento dell’indegno articolo 8, che consente ai sindacati più rappresentativi in una determinata realtà aziendale ma anche territoriale, di modificare i termini della contrattazione come definita nel quadro nazionale: badate, non ai lavoratori, ma ai loro sindacati. Così, se in una determinata azienda, ci fossero solo tre iscritti ai sindacati , magari su trecento lavoratori, e una sigla sindacale avesse i due iscritti, essa potrebbe imporre tramite queste due sole iscrizioni deroghe, come significativamente la possibilità di licenziamento senza giusta causa, violando così l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.

Dunque, sia benvenuto lo sciopero che permette di dare voce a chi rischia di esserne privato. L’unità sindacale ve perseguita tra i lavoratori, mettendo all’angolo se necessario i traditori che siedono ai vertici delle varie sigle.

La posizione della CGIL può essere allora ssunta come prototipo di questa terzietà, di chiamarsi fuori da uno scontro tutto interno ad una logica aberrante, che non lo è meno solo per il fatto di costituire il pensiero dominante.

4 commenti:

  1. Molto probabilmente non capisco nulla di politica perchè io ODIO questo governo e soprattutto chi lo presiede, altro che sentirmi a disagio nell'attaccarlo frontalmente! E sono più che convinta che le sole dimissioni di Berlusconi basterebbero per ridimensionare di parecchio lo spread nei confronti dei bund tedeschi, perchè ciò che rende maggiormente inaffidabile il nostro Paese è proprio la sua presenza al governo!

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  2. @Ornella
    Lo ido anch'io, ma non ho certo simpatia per Trichet e per Draghi, ed in ogni caso non sarebbe saggio in politica farsi guidare dai sentimenti.
    L'abbassamento dello spread a seguito di una nuova situazion e in Italia è soltanto la prima puntata, ma visto che la causa della crisi finaziaria internazionale non è stata minimamente rimossa, presto si riprorranno nuovi problemi.
    L'enorme debito pubblico italiano non è stato mai un problema, ed oggi è solo un pretesto: è così difficile capire che siamo sotto ricatto da potenti criminali, e che qualunque pizzo paghiamo non servirà a nulla se non eliminiamo il meccanismo infernale per cui questi criminali hanno messo sotto scacco il mondo intero?

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  3. Sì, va bene tutto quello che dici, ma è indubbio che la presenza di Berlusconi al Governo dia un pretesto più che valido per attaccarci. Per cui cominciamo col liberarci di lui, se vogliamo avere qualche minima speranza di salvarci, anche se mi rendo conto che il problema è più grande di noi. Un abbraccio, ciao!

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  4. Ma è proprio questo il punto, che la discussione parlamentare non deve avvenire in un vuoto di dibattito, una discussione che quindi sarebbe confinata alle consuete diatribe tra opposti interessi particolari.

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