lunedì 19 settembre 2011

LA LEGA RISECESSIONISTA

Non hanno via d’uscita, tentano in tutti i modi di divincolarsi, ma in gabbia restano.

Questo è ciò che osservo guardando l’attuale maggioranza di governo.

Il PDL è ormai legato mani e piedi al suo fondatore, il povero Alfano si palesa senza più velo alcuno cpome il maggiordomo del suo signore e padrone a cui non smette più di dichiarare fedeltà eterna: due volte al dì come le pillole prescritte dal medico.

Il motivo è ovvio, senza Berlusconi, questi vanno subito al fondo, soprattutto tutti questi parlamentari vanno a casa, con la prospettiva di rimanerci per sempre, magari di doversi trovare un lavoro, uno vero insomma, non quello di incensare il loro procacciatore di seggi parlamentari. Per andare, a fondo ci andranno in ogni caso, ma meglio rinviare, non si sa mai, e trascorrere ancora una trentina di mesi come parlamentare può rappresentare un obiettivo meritevole di per sé di essere perseguito.

Anche per la Lega, le cose apparirebbero analoghe, dopo le intemperanze giovanili e le dieci domande (molto impertinenti invero) rivolte a Berlusconi dopo il divorzio a metà degli anni novanta, Bossi ha compreso che Berlusconi era anche per lui e la Lega tutta la vera fonte di fortune di ogni genere. Cosa alla fine degli anni novanta questi due personaggi si siano detti, non lo sapremo mai, ma certo Berlusconi convinse Bossi a fare comunella e da allora, il loro sodalizio è andato avanti con grande solidità, senza ulteriori tentennamenti.

Oggi, nel momento della crisi del consenso al centrodestra (cioè a Berlusconi, per intenderci, gli altri fanno da corte dei miracoli), si crea una dissimetria. Da una parte, il PDL, come dicevo, non può che subire pedissequamente la sorte politica del suo fondatore: chiunque volesse oggi fare l’operazione di raccoglierne l’eredità, si troverebbe una levata di scudi da parte di questi cortigiani che non vogliono accelerare il momento dell’abbandono del seggio parlamentare.

Dall’altra, la Lega, che si è abilmente costruita con una miscela molto dozzinale ma anche efficace di mitologie varie, collegate in maniera incomprensibile ad una rivendicazione di autonomia territoriale, soffre a dovere essere trascinata sul fondo dalla caduta clamorosa di Berlusconi. I dirigenti leghisti sanno che Bossi si è costruita una sua struttura clienterale, che non nasconde i suoi interessi personali a garantire soldi e futuro ai suoi familiari e parenti, e che insomma il patto di ferro con Berlusconi si basa proprio sul fatto che Bossi si è fatto convincere a cedere un po’ della sua durezza-purezza a favore di dosi crescenti di clientelismi e favoritismi, proprio in pieno stile “Roma-ladrona”, tanto vituperato a parole e tanto praticato nei fatti.

Poiché anche i Leghisti non vogliono buttare il giocattolo (la Lega) che tante soddisfazioni dona a tutti quanti, solo perché ci si è accapigliati su come giocare, chi si oppone a Berlusconi punta su un Bossi sempre meno protagonista, una specie di padre nobile (sic!) della Lega, e, per mettere tutti d’accordo, non si può che tornare ai vecchi ritornelli della secessione.

Questa quindi della ripresa dei vecchi temi autonomistici è per la Lega una via obbligata, perché permette di rimanere solidale al governo senza diventare una fotocopia del PDL, e perché permette di tenere assieme tutta la Lega.

Seppure obbligata, questa via è realmente percorribile? A me pare di no, perché non capisco proprio come i secessionisti del Nord, la cui consistenza numerica non conosco, possano avere ciome riferimento la Lega di Bossi e tutto il centralismo che ha comportato, avendo allontanato, dire definitivamente, ogni possibilità di federalismo con una controriforma, che ha sempre più consegnato gli Enmti territoriali alle decisioni del governo centrale, o potremmo dire dell’Europa, o ancora potremmo altresì dire della cricca affaristico-mafiosa che governa il mondo.

La Lega, lucrandone qualche briciola, ha rappresentato un anello decisivo della catena che ha consegnato le realtà locali alla soffocante potere unificante e totalizzante del potere finanziario globale: mi chiedo quanto sprovveduti dovrebbero essere questi potenziali secessionisti per stringersi attorno a uno come Calderoni.

Ma si sa, la verità può essere anche inverosimile.

2 commenti:

  1. Se vuoi un parallelo storico, la nuova spinta secessionista della Lega ricorda da vicino il ritorno al primo fascismo tentato all'epoca della Repubblica Sociale Italiana: un tentativo disperato, allora come oggi, di giocare le ultime carte per la sopravvivenza e per cercare di tornare ad una purezza ideologica che non si è potuta realizzare a causa di fattori esterni, contrari agli obiettivi prefissati.
    Cosa si siano detti Bossi e Berlusconi alla fine degli anni '90 rimarrà sicuramente un segreto: certamente in quel periodo il Cavaliere fece da garante con certe banche per una fideiussione di 2 miliardi che permisero alla Lega di pagare i propri debiti. Dato che non si fa mai nulla per nulla, praticamente B. ha comprato il marchio del partito di Bossi.

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  2. Questa quindi della ripresa dei vecchi temi autonomistici è per la Lega una via obbligata, perché permette di rimanere solidale al governo senza diventare una fotocopia del PDL, e perché permette di tenere assieme tutta la Lega.

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