sabato 20 agosto 2011

CORAGGIO ED ONESTA' INTELLETTUALE

Non si osserva nessun segnale di rinsavimento nella classe politica europea.
Io faccio una domanda che dovrebbe apparire ovvia, e nello stesso tempo è assolutamente indispensabile rispondervi in maniera convincente: qual è la natura del problema che le economie europee si trovano di fronte? E' di natura interna o esterna all'area europea? E' possibile tracciarne una diagnosi puntuale ed accurata?
A me non sembra di riscontrare neanche un accenno di questa determinazione a risalire alle vere cause della crisi in atto, e quindi le soluzioni che vengono proposte non possono che risultare inefficaci, anzi del tutto fuorvianti, tragicamente direi fuorvianti, in quanto la loro messa in atto determina vere tragedie per gli europei.
Analogalmente, sul fronte degli obiettivi, si da' per scontato che si debba perseguire l'aumento del PIL.
In definitiva, le discussioni sulla crisi avvengono in maniera del tutto inconcludente, senza che si capisca quali siano le ricette proposte. E' come se un tizio verificasse la scarsa stabilità strutturale della sua casa, e, senza andare a verificare quali sino le cause, decidesse di ridurne l'altezza, scaricando terra attorno all'edificio: avrà sotterrato gran parte della sua casa, senza peraltro avere neanche affrontato il reale problema che ha di fronte. E' una situazione frustrante vedere questi politicanti che non sanno che pesci pigliare, eppure così impegnati a mantenersi nelle posizioni di vertice, e molto più preoccupante rimane vedere come la gente stia lì imbambolata, sostanzialmente passiva, a stramaledire questi politicanti, ma senza assumere iniziative incisive che portino alla loro estromissione. Questo lamento, questa indignazione, parola significativamente utilizzata come emblema, appaiono come l'incapacità di interi popoli di andare aldilà di una protesta indistinta, il segno evidente di un declino.
Allo stesso modo, risulta significativo come le cose che io dico, qui, ma anche su altri siti, e analogamente anche quando chi le dice è un altro soggetto, esse creiano un vuoto di dibattito, come se incapaci di controbattere nel merito delle argomentazioni, si rifugino in un atteggiamento di silenzio perplesso, senza convenire e nello stesso tempo senza avanzare ipotesi differenti.
C'è davvero un vuoto di capacità dirigente, con atteggimenti che vanno dal solito "fuori Berlusconi", a "quanto sono cattivi gli speculatori", a "ce la meritiamo perchè abbiamo creato un debito così alto".
ùSu altro fronte, ci stanno quelli che "Marx l'aveva detto", che "niente di nuiovo, si tratta sempre del capitalismo".
Questa carenza di coraggio, del coraggio che richiede un'analisi critica spregiudicata, come quello richiesto per cambiare opinione, o quantomeno per percepire la novità della situazione a livello internazionale, rende del tutto irrealistico uscire dal circuito imposto da chi oggi comanda, tutto basato sul "fare bene i compiti", anche se ciò implica la distruzione dell'economia nazionale.
Invece, questa stessa crisi sarebbe una grande opportunità per buttare all'aria il tavolino, per operare in conformità alle sempre più urgenti esigenze ambientali, per rimettere al centro dell'economia il criterio della piena occupazione.
Ciò a cui assistiamo è invece il completo oscuramento mediatico del problema generazionale, con le oscene proposte del rinvio dell'andata in pensione. Eppure, la correlazione tra permanenza dei vecchi al lavoro e assenza di posti per iloro figli sembra ovvia: perchè si dovrebbe puntare sulla crescita per dare lavoro ai più giovani, e non invece accelerare il turn over, immaginando addirittura prepensionamenti, ed ancora riprendere il tema della riduzione dell'orario di lavoro.
Una classe politica inetta ha più volte negliu ultimi anni attuato misure proprio finalizzate a distruggerla lì'occupazione. Uno dei casi più clamorosi fu l'introduzione da parte di Visco dell'IRAP, una tassa per l'aziende calcolata sul monte dei salari, poi gli incentivi per una crescente automazione nelle aziende, l'incoraggiare la grande distribuzione i cui risparmi stanno tutti nel ridurre al minimo i propri dipendenti, la mancata protezione dei propri prodotti agricoli che sta portando al progressivo declino dell'agricoltura ed alla progressiva riduzione dei terreni coltivati. Tutto ciò ha, per colmo, dei danni collaterali, ma il pensiero unico che domina nelle nostre società, l'omologazione culturale del mondo di oggi, rende ciechi e sordi di fronte alla realtà, e il pantano in cui siamo va progressivamente trasformandosi in sabbie mobili.
Sarà in fondo un problema di carenza di onestà intellettuale?

4 commenti:

  1. A me sembra che di fondo ci sia un miscuglio di incapacità ed avidità da parte di chi sta al potere e di ignavia e di assenza di ideali e di coesione sociale da parte della popolazione.

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  2. lascio l'illuminante parere di Webster Griffin Tarpley, storico, analista, giornalista statunitense, profondo conoscitore anche delle cose italiane, avendo lavorato per parecchi anni in Italia:

    http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3795&com_id=192527&com_rootid=192527&


    Cordialità

    Cartabaggiana/Gabriele

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  3. Sono daccordo con Giulio GMDB siamo descritti
    da Marcuse- Potremo liberarci dalle vesti di robot
    Egill

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  4. si spera di risolvere il problema e lasciare il Pobresa un graduale declino. Non credo che accade da un giorno al mattino, ma con un buon libro può fare qualcosa di possibile

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