domenica 7 settembre 2014

LA MOSSA DI DRAGHI E IL DESTINO DELLA UE

Le decisioni assunte dalla BCE a maggioranza su sollecitazione di Draghi ha aspetti paradossali, che i commentatori mi pare abbiano trascurato completamente...

Il primo paradosso sta nella dichiarazione di draghi ad accompagnamento della delibera sui tassi. Egli ha esplicitamente detto che su questo aspetto non può più fare niente, che è stato insomma raschiato il fondo del barile. Ora, visto che lo stesso Draghi non perde occasione per presentarsi come una specie di generale  che combatte una sua battaglia contro i vari aspetti della crisi economica, lascia perplessi la sua scelta di confessare che di queste munizioni non ne ha più a disposzione. Ve l'immaginate un comandante in capo di un esercito che faccia sapere al nemico che è rimasto senza munizioni?
Il secondo aspetto paradossale è rappresentato dall'evidente squilibrio tra la modestia dell'intervento (in fondo questa diminuzione è appena dello 0,1%, praticamente impercettibile) e la reazione dei mercati palesemente euforici, anche se abbastanza volatili. Si dice che l'intervento sui tassi abbia principalmente il fine di abbassare la quotazione dell'euro e rendere così più competitive le merci europee, eppure si sa che il rapporto tra le monete non dipende più così tanto dai tassi d'interesse come fino agli anni ottanta, ormai le scelte degli investitori, soprattutto in un mondo in cui l'inflazione sembra bandita, duipende da fattori essenzialmente di politica fiscale. 
Si potrebbe dire ed io concordo, che si tratta di una scelta simbolica, che indica una svolta decisa della BCE ormai divorziata completamente dalla Bundesbank anche dal punto di vista ideologico. Tuttavia, questo aspetto simbolico sembra insufficiente a spiegare tanto entusiasmo, e poichè malgrado la futilità inerente ai comportamenti degli operatori finanziari, all'interno di quella logica, essi sono tutt'altro che sprovveduti, non rimane che concludere che c'è qualcosa ancora in questo gesto di Draghi.
Se noi mettiamo assieme questi due elementi paradossali che citavo, viene allora fuori che il messaggio che i mercati hanno colto nelle scelte della BCE è che questa si è apertamente schierata per una energica svolta nelle politiche economiche dell'unione europea. Draghi che non a caso si è prima sentito con i capi di stato dei maggiori paesi europei, ha dichiarato che una certa politica rigorista praticata e promossa dalla Bundesbank deve cessare, che egli è disposto a forzare fino ai limiti la politica monetaria, ma, dichiarando contestualmente di non potere più fare nulla in quella direzione, stimola i governi a fare adesso la loro parte. A me pare evidente che la Merkel è strettamente coinvolta in quest'operazione (Draghi non avrebbe osato tanto se al telefono la Merkel avesse opposto il suo no), perchè anch'ella si sente asfissiata dai rigoristi del suo paese. Visto che la pacchia è finita anche per la Germania, ella coglie il momento per dare la spallata verso questa parte dell'establishment tedesco potendo contare oltre che sulla propria popolarità su dati economici che incontrovertibilmente dimostrano la cecità dei rigoristi ultraortodossi.
Insomma, l'apparente ingessamento della politica europea, in cui il consiglio costituito dai capi di stato ha finito negli ultimi anni per assomigliare al politburo sovietico ai tempi di Breznev, sembra finito. Un piccolo contributo a questo cambiamento può essere attribuito a Renzi il cui successo elettorale ha sicuramente impressionato i governi europei, ma molto più importanti sono altri due fattori. L'uno è l'ulteriore aggravarsi della crisi economica senza che si possa intravedere alcuna via d'uscita lungo il percorso indicato dall'unione, e l'altro la guerra civile in ucraina che ormai coinvolge completamente la stessa unione europea. 
Seppure sia preoccupante che spetti proprio ad un banchiere come Draghi indicare la svolta, il fatto che la politica si rimetta in moto è in sè un valore positivo. 
L'Unione europea si trova oggi ad un punto di svolta fondamentale, essa rischia di disintegrarsi tra chi è pronto ad accettare i diktat di Washington e chi comincia a ragionare su un nuovo rapporto con gli USA. A me pare, ma forse la sopravvaluto, che la Merkel stia provando a rendere meno stretti i rapporti con l'altra sponda dell'atlantico. La potenza imperiale in declino, già sconfitta in sud america ed in medio oriente, si rivolge al suo più tradizionale alleato, l'europa, per rallentare il proprio sfacelo. Chiunque sia dotato di razionicio e non si faccia prendere dalla paura, capisce che l'appoggio agli USA in termini di contrapposizione alla Russia e di adesione al TTIP (una specie di unione europea trnsatlantica che finirebbe di sfaciare l'economia europea)  non sarà sufficiente a fermare il declino USA, ma soltanto a trascinare anche noi nello stesso processo. Le sanzioni alla Russia e il trattato atlantico non daranno niente di positivo all'europa, ma al contrario graveranno sulle economie dei nostyri paesi. Oggi, le uniche prospettive di salvataggio di forme di collaborazione europee, perfino dell'ipotesi federalista, si basano su un passaggio fondamentale di scarto rispetto agli USA, di un unione che si erge con una propria politica che sia distinta e perfino opposta a quella USA, e coerentemente la NATO si dovrebbe sciogliere. In assenza di questi decisivi passaggi, l'unione finirà con l'implodere e quanto accadrà dopo è impossibile oggi da prevedere con un grado significativo di verosimiglianza.

E' l'ora delle riforme, titolano a tutta pagina i giornali, come se questa espressione avesse un suo senso. Nei fatti, la parte controversa viene proprio adesso. Nell'accezione data dal governo Renzi, la parola riforma coincide con provvedimenti che assecondino la politica del rigore sostenuta dagli europei. In sostanza, sistemi produttivi più competitivi per ridurre i costi tramite riduzione salariale e parallela precarizzazione. I mercati sono così entusiasti perchè credono che Draghi abbia dato il la a un'operazione di questo tipo, il solito spostamento delle risorse dai ceti meno abbienti a quelli più abbienti, ma si potrebbero sbagliare. Seppure non si possano nutrire dubbi sulle volontà politiche di chi domina il mondo, una volta che per le ragioni anche peggiori la politica viene richiamata, si aprono inevitabilmente spazi per svolte anche positive. Da questo punto di vista, fondamentale diventa oggi ridefinire il significato del termine "riforma" perchè ogni possibilità di riscossa politica passa inevitabilmente dalla capacità di chi si oppone all'ordine neoliberista di impossessarsene, impedendo al Renzi di turno di utilizzarlo come grimardello per smantellare le residue resistenze all'avanzata neoliberista.

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