venerdì 8 luglio 2011

LA FINE DELL'IMPERO DI BERLUSCONI

Dopo la giornata di ieri, ci ritroviamo ormai in un clima da fine dell’impero, con la frammentazione sempre più evidente della maggioranza.

L’intervista di Berlusconi a Repubblica è molto illuminante, non v’è neanche la minima parvenza di politica, solo lo sfogo di un uomo che si è reso conto di essere finito come uomo politico, costretto a misurare i toni nei confronti di persone che invece nei suoi confronti non sono affatto così diplomatici. E’ costretto a blandire Calderoni con cui dice di avere un ottimo rapporto, quello stesso Calderoni, che ha dichiarato di essere pronto a mollarlo per lasciarlo ai suoi divertimenti, un riferimento chiaro ai festini ad Arcore.

Perfino nei confronti di Tremonti è molto cauto, una blanda critica ad aspetti caratteriali, ma nessun attacco frontale.

Chissà come sarà veramente andata sul famoso comma 23. Da parte mia, sono propenso a credere che stavolta Berlusconi non menta, che l’iniziativa non sia stata sua. Un ipotetico scenario potrebbe essere stato che Tremonti, forse con la motivazione di far digerire al suo Presidente la manovra economica, abbia proposto l’inserimento della norma. Si sarebbe in verità trattato di una pillola avvelenata: sapendo che la cosa avrebbe destato scalpore ritorcendosi sullo stesso beneficiario, e quindi danneggiandolo e danneggiando così lo stesso progetto che vedrebbe Alfano non solo neosegretario del PDL, ma anche suo successore a premier. Non è certo un mistero che su questa ipotesi non v’è certo convergenza unanime nello stesso PDL, visto che a questo ruolo punta lo stesso Tremonti, come altri, ad esempio Formigoni che lo ha anche dichiarato ufficialmente.

Stavolta però Berlusconi ha dato un colpo di coda, sconfitto sì, ma ancora abbastanza potente da colpire quello che oggi risulta il suo avversario più feroce, Tremonti appunto.

Da più di un anno, i giornalisti stimolano Tremonti ad uscire allo scoperto, dicendo che nessuno può candidarsi a premier senza entrare nell’agone della lotta per la successione. Tremonti è rimasto ben coperto, limitandosi ad un atteggiamento di silenzio, evitando sempre di solidarizzare con Berlusconi, un silenzio certo significativo ma nulla di più, e questa è stata la sua forza. Nel momento in cui ha voluto giocare un ruolo più attivo, ecco che viene coinvolto negli scandali, solo oggi sappiamo ad esempio dalla casa di cui disponeva a Roma: come spiegare simili coincidenze?

Insomma, tra i due è ormai guerra aperta, una guerra che Berlusconi non può vincere, ma che invece Tremonti può perdere, e lo scenario più probabile è appunto che questa possa essere il primo passo di un declino politico inarrestabile del potente ministro, malgrado la sua presenza nei club esclusivi della finanza internazionale.

Non v’è dubbio quindi che in Italia si sia creato, più che un buco, una voragine di potere. Berlusconi, privo ormai del consenso popolare ha finito la sua stagione, Tremonti ormai sfiorato da inchieste giudiziarie, difficilmente si salverà per il sostegno internazionale, un’opposizione latitante che vede come parte più incisiva un capopopolo come Di Pietro che perfino bisticcia con la grammatica. In questo vuoto assoluto, perfino gente come Scilipoti può costituire l’ago della bilancia, gente come Scajola, quello che è vittima di regali a lui ignoti, può proporsi come capetto del PDL, e gente come la Gelmini, la Prestigiacomo e Frattini possono puntare a giocare anch’essi un ruolo decisivo.

Al declino del faro Berlusconi, vi è un’agitazione scomposta di personaggi di second’ordine e di vere e proprie comparse, ognuno impegnato a garantirsi la propria sopravvivenza.

Un’ultima considerazione riguarda la dichiarazione contenuta nella stessa intervista, in cui Berlusconi esclude ogni ipotesi di riforma elettorale. Non è detto che andrà così, ma ciò testimonia il fatto che egli si metterà di traverso. Ci si potrebbe chiedere perché lo faccia, malgrado sappia di essere ormai finito politicamente. Io direi che sembrerebbe un regalo che egli ritiene doveroso sempre verso Alfano, l’unico, bisogna ammetterlo che non ha smesso di essergli fedele. Solo in uno schema bipolare, Alfano ha qualche chance di successo, solo obbligando mediante lo stesso meccanismo elettorale, la Lega ad allearsi a ciò che rimarrà del PDL, e solo se si mantiene l’esclusione delle preferenze, il segretario del PDL può mantenere il controllo degli inquieti parlamentari del proprio partito.

3 commenti:

  1. Certo è che sta facendo una fine ingloriosa, vederlo ieri posare con Scilipoti, col sorriso da ebete ed il libro in mano, m'ha fatto persino pena! A cosa s'è ridotto!!! E soprattutto a cosa stanno riducendo l'Italia lui e i suoi ministri, degni di sicuro solo della Repubblica delle banane!

    RispondiElimina
  2. E' di pochi minuti fa la notizia che Berlusconi dovrà pagare immediatamente 560 milioni di euro a De Benedetti. L''impero berlusconiano ormai scricchiola da tutte le parti!

    RispondiElimina