sabato 16 ottobre 2010

ESSERE ADULTI

Stavolta, un post breve per porre una domanda, rivolta ai miei lettori.

Osservavo come le persone “cresciute”, quelle che denotiamo come adulti, almeno nella società in cui vivo, perché di storia non sono un esperto, sembrano trascorrere la vita giocando. Naturalmente, la maggior parte di noi adulti lavora, non è che giochi sempre, ma vedere gente che si compra una Ferrari o un semplice SUV, o foss’anche l’ultimo ritrovato tecnologico che mai ambisce a divenire utile, ma che evidentemente soggettivamente viene subito considerato un’esigenza che si deve necessariamente soddisfare, mi fa apparire questi presunti adulti come dei bambinoni mai realmente cresciuti. Ciò che osservo è che si tratta ormai di un fenomeno di massa, che la necessità di autogratificazione mediante l’acquisizione degli oggetti più inutili e più costosi risparmia pochi. Saremo allora una società di bambinoni?

Infine, in cosa un adulto si differenzia da un bambino? Quale definizione di adulto potremmo dare che riesca a sottolineare il suo differenziarsi dalla fase della nostra infanzia? Naturalmente, sono graditi contributi da voi tutti.

12 commenti:

  1. Cavolo, che domanda. Forse per rispondere bisognerebbe iniziare a chiedersi cosa è l'uomo e perchè esiste l'essere umano. E se è vero come dice Hillman che l'uomo è al mondo per svelare il proprio carattere, per forgiarlo, allora possiamo dire che ciò che differenzia un bimbo dall'adultyo è il fatto che il bimbo è nella prima fase della costruzione del suo carattere e che deve lavorare per conoscere la propria anima. Invece l'adulto è l'essere umano che ha già compiuto la sua opera , la sua missione almeno per buona parte.

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  2. Scusa, ma mi sono ricordata di un tuo commento su un mio vecchio post in cui tu condividevi con me che "LA VITA E' GIOCO".
    L'ho cercato, eccolo:
    http://kinnie51.blogspot.com/2009/07/la-vita-e-gioco.html

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  3. Più che bambinoni siamo diventati una società che ha bisogno di riempire gli spazi vuoti dell'anima. Il metodo scelto per riempire questo vuoto è il circondarsi di cose per lo più superflue, come ben sottolinei anche tu, salvo poi accorgersi che, in realtà, questo genere di possedimenti non appaga per molto. E allora giù a cercare il nuovo "giocattolo", e il ciclo si ripete, ma il vuoto resta.

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  4. Ci sono ragazzini, nelle società sottosviluppate, che diventano adulti prestissimo 10-12 anni (adulto:chi è in grado di dominare il proprio abiente e sa procurarsi ciò di cui necessita da solo)
    Dai noi (civiltà in decadenza) adulti si diventa, quando si diventa tardissimo e molti non lo diventano mai...
    L'occidentale ha sempre bisogno di qualcuno che si occupi di lui (chiesa-partito- stato- santo patrono ecc...)e può passare tutta una vita immerso nella psicologia del bambino...
    Tipico esemplare di bambino occidentae di 50 anni : uno che è sempre che si lamenta che chiede che qualcuno risolva i suoi problemi, che qualcuno si occupi di lui e del suo futuro... ecc. ecc...
    Insomma uno che vota il papà Berlusconi perchè lui pensa a noi e al nostro futuro... sceglie per noi... decide per noi... e ci da la ferrari e il suv e cellulari di ultima generazione...
    e le veline e le velone ecc....
    Basta.... un saluto e vado a dormire
    Ad una certa ora i bambini vanno a letto!

    mirco

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  5. Il possedere, e soprattutto esibire il possesso di cose costose, diventa essenziale per chi ha consapevolezza di contare qualcosa nella società solo per ciò che ha e non certo per ciò che è.
    Essere "adulti" non è sicuramente un fatto anagrafico. Ci sono giovani che hanno la capacità di affrontare la vita con senso di responsabilità da far invidia a chi ha superato gli "enta" ed anche gli "anta". Ecco, l'avere senso di responsabiltà, secondo me, è ciò che fa diventare un individuo adulto.

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  6. Per risponderti non basterebbe un post, quindi ti dico solo che gli adulti di oggi sono i giovani degli anni 80-90. Se guardi a come si era in quegli anni, specie i primi, trovi tutte le risposte.

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  7. Mi hai venire in mente un vecchio amico che frequentavo anni fa.
    Se gli dicevi che il tuo nuovo cellulare aveva un'autonomia di 100 ore lui ti faceva presente che il suo arrivava a 150 ore.
    Se la tua auto percorreva 15 km con un litro la sua arrivava a 20 km con un litro.
    Inoltre se, ad esempio, aveva un orologio nuovo ci giochicchiava fino a quando non ti decidevi a chiedere: "E' nuovo?".
    ESIBIZIONE. Penso faccia parte della nostra natura umana, non a caso oro e gioielli circolano fin dall'antichità.
    Probabilmente la cosa ha pure una suo logica evoluzionistica.
    Dovremmo chiederlo a Darwin :-)

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  8. Forse é il caso di aggiornare il concetto marxiano di alienazione.

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  9. Ciao Vincenzo,
    buona domanda, che mi pongo spesso, avendo a che fare con adulti, riconoscendo in loro comportamenti che loro stessi criticano agli adolescenti.
    Per alcuni di loro (anzi vorrei direi di noi...) penso che l'unica differenza sia l'esperienza vissuta, che permette di soppesare piu' accuratamente l'interpretazione degli eventi e decidere quali devono essere i loto comportamenti. Null'altro. certamente una differenza e' la maggior consapevolezza di se stessi (ma non vale per tutti...), che pero' nasce acnh'essa semplicemente dalla lunga esperienza di vivere con se stessi. Tutto qua.
    Non penso sia un problema del mondo contemporaneo, ma che sia cosi', per natura dell'uomo.
    Ciao
    Mister_NixOS

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  10. ciao carissimo come va?
    ogni tanto un post che non sa di politica,ma di vita.
    Io sono pienamente d'accordo con te perchè è una domanda che mi pongo spesso.
    Non credo ,come si afferma in altri commenti, che ogni epoca ha avuto i suoi adulti eterni bambinoni.
    Non credo neanche di essere antiquata se affermo che fino agli anni settanta/ottanta si diventava adulti dopo i 20/25 anni,tanto è vero che sia uomini che donne pensavano ad "accasarsi".
    Oggi continuo a vedere eterni bambinoni insoddisfatti che a 40 anni continuano a pensare alla loro vita come una continua ricerca di soddisfazioni materiali ma non come ricerca di responsabilità e di valori.
    Il discorso è molto lungo da affrontare e non me ne vogliano chi la pensa in modo contrario,ma per me gli adulti non esistono più.
    Lo noto anche con i genitori dei miei alunni che non sono ahimè all'altezza di essere tali ma seguono in continuazione la soddisfazione del proprio ego.
    D'altra parte cosa pretendiamo quando i media ci invitano in continuazione a seguire esempi di bellezza e di spensieratezza che nulla hanno a che vedere con la realtà?
    E' stato un piacere leggere questo quesito da te proposto e comunque sappi che ti seguo sempre
    un abbraccio
    Lella

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  11. Mi rendo conto che nel post si sono sovrapposte due differenti questioni, il problema specifico dell'adulto di uomo, e quello del feticismo della merce dei nostri giorni.
    Vediamo se riesco un po' a separarli.
    Come dice Antonella, per sapere cos'è un adulto, bisogna avere una certa concezione dell'uomo.
    Senza dilungarmi in teorie antropologiche, a cui comunque dedico parecchio spazio nel mio libro, e attenendomi all'oggetto del post, io penso che l'uomo crescendo aggiunge e non toglie mai. Questo spiega perchè siamo in grado di giocare, perchè non smettiamo mai di essere anche bambini, cosa che ci permette anzi, direi è la premessa, del rapporto genitori-figli. Sapere giocare però, non può significare giocare soltanto, ed ecco che emerge il concetto di responsabilità, un adulto è una persona che è in grado di assumersi la responsabilità dei propri atti. La patologia consisterebbe quindi in questa incapacità protratta, per alcuni fino a tutta la loro vita, di assumersi la responsabilità dei propri atti. E' una questione dei nostri tempi o è un problema da sempre? Io credo che qui ci sia un elemento sessuale specifico, che la vera patologia ci sia solo per una percentuale significativa di maschi, che, come per la stessa maturazione sessuale, nel maschio il divenire adulti si presenta come un punto di discontinuità. Il risultato è che alcuni maschi non fanno mai questo salto, e questo credo sia sempre avvenuto.
    Forse, la rivoluzione antropologica è avvenuta ai nostri tempi soprattutto per le donne. E' cambiato il modo in cui le donne si rapportano al mondo, alla famiglia, al maschio, al lavoro. Accanto a tanti aspetti certamente positivi, la tendenza invece ad imitare i maschi, rischia di farle sprofondare in questo stato di infanzia senza fine e senza che ci sia in loro una consapevolezza di cosa stia succedendo.
    Dico questo per quello che osservo, e perchè la donna, rispetto all'uomo, è un essere molto più sociale, e quindi anche più facilmente influenzabile. Da questo punto di vista, per me è evidente che c’è un elemento ideologico, cioè dovuto ad uno specifico clima culturale. Non solo domina questo feticismo delle merci, ma è stato interiorizzato questo concetto del “diritto alla felicità”, che potrei dire faccia il paio con libertà nell’ambiguità del concetto. Non sarebbe più chiaro se si dicesse che si ha diritto ad aspirare alla felicità? Che questa aspirazione deve convivere con tutto il resto, ed in particolare col nostro dovere di cittadini, e magari anche di genitori, e che in ogni caso la via per la felicità è a volte molto tortuosa e mai troveremo cartelli che ci indichino la strada per raggiungerla: quando li leggessimo, dovremmo diffidarne perché tendenzialmente falsi ed interessati. E infine, anche lo stesso termine “felicità” è ambiguo. Anche qui, mi permetto di suggerire la ricerca di una vita autentica, come se bevessimo in un calice, e dovremmo tentare di bere sino in fondo, senza badare ad eventuali tracce di amaro: anche quella è vita, e non è saggio rinunciarvi.

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  12. Concordo pienamente con la tua analisi. Ciao.

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