martedì 9 marzo 2010

ITALIA ADEMOCRATICA

Per descrivere lo stato della nostra nazione, userò una parola che credo costituisca un neologismo: “ademocrazia”. Di democratico ed antidemocratico, si fa un ampio uso, direi anche un abuso, ma quando si guarda all’Italia, nessuno di questi due termini sembra adeguato. Per chiarire il significato che io do’ ad ademocrazia e al correlato aggettivo ademocratico, farò il raffronto con educato, maleducato ed ineducato, termini tutti esistenti e di significato credo noto a tutti. Ecco, ademocratico costituirebbe il corrispettivo di ineducato. Per una certa cultura profondamente influenzata dal cattolicesimo, le regole semplicemente non esistono. Per l’Italiano medio, esse sono trasparenti, sono come i tanto pericolosi raggi ultravioletti che possono in una nuvolosa giornata di giugno provocarci gravi ustioni quando, ignari di tutti questi fotoni che colpiscono la nostra pelle, ignari perché non avvertiamo il fastidio del calore eccessivo, ci esponiamo liberamente su una spiaggia. Di fronte ad una regola, l’Italiano pensa subito a come aggirarla, anzi è un riflesso condizionato, l’aggira senza neanche bisogno di rifletterci. Si potrebbe dire che è come quando camminando per strada, ci imbattiamo in una buca oppure in una sporgenza, in un ostacolo di qualsiasi natura, viene spontaneo aggirarlo: ecco, la regola per l’Italiano è soltanto un ostacolo frapposto tra la sua persona ed il suo obiettivo.

In una certa misura, questo atteggiamento è assolutamente naturale, il nostro essere biologico funziona proprio così. Come sostengo nel mio libro, sviluppo tecnologico con la conseguente maggiore disponibilità di strumenti, e consapevolezza dovrebbero andare di pari passo, la cultura appunto dovrebbe permetterci non solo di circondarci di oggetti, ma anche di farne un uso appropriato. Proprio nello sbilanciamento tra disponibilità di mezzi tecnologici e livello di consapevolezza sta il problema del mondo contemporaneo.

Dovrebbe quindi essere l’educazione familiare, la scuola, che dovrebbero inculcare negli individui convincimenti a volte in evidente conflitto con le spinte istintuali, e dovrebbe esistere una classe dirigente che dovrebbe essere migliore del cittadino medio, anche solo di un po’, per indirizzare genitori ed insegnanti verso l’interesse generale. Lo sviluppo culturale dell’umanità è storicamente avvenuto così, non certo in modo lineare, e certo con grandi contraddizioni, ma la direzione prevalente questa è stata.

Oggi, in cui si idolatra il mercato, e in cui quindi un imbonitore da fiera paesana dalle sue TV e dai suoi giornali può sovrapporsi e perfino sostituirsi efficacemente ai tradizionali circuiti di comunicazione culturale, abbiamo spezzato questo circuito virtuoso, restituendo tanti Italiani a un livello di comportamento più istintuale, e le regole sono cultura, non istinto. Secoli di cultura, il rispetto verso chi ha le competenze, chi sa fare le cose che si devono fare, sono state distrutte da un’ideologia che considera la libertà non una conquista individuale contro sé stessi, ma intesa al contrario come il lasciar fare, il “si può” del grande Gaber, non autodisciplina, ma il rifiuto di sottostare a qualsiasi criterio di ragionevolezza. Prevale ormai lo spirito di branco, la mafiosità che va ben oltre i comportamenti scopertamente criminali, diventando illegalità, sostituzione delle regole formalmente definite con l’arbitrio del potente.

Si tratta ormai di uno stato ademocratico, che non ha quindi neanche bisogno di essere contro la democrazia, in quanto piuttosto la ignora del tutto, sostituendo ad essa la ricerca del potere fine a sé stesso. Le elezioni in questo stato che chiamai postdemocratico, ma qui chiamo ademocratico, un termine forse più appropriato ed eloquente, potrebbero ben essere sostituite da un sondaggio, perché dei cittadini sudditi è sufficiente conoscere l’opinione, che è poi divenuta pro o contro il signor B. Il Parlamento avrà la composizione voluta da lor signori, e a costoro manca soltanto l’ultimo passaggio, l’annullamento del potere giudiziario: per ora si contentano di usare la Gazzetta Ufficiale per scrivere qualcosa che risolva l’ultimo problema in ordine cronologico che essi hanno, un problema ed ecco la legge, o preferibilmente il decreto, tanto poi il Parlamento, costituito dai propri dipendenti, ratifica.

Come dico nel mio libro, l’Italia sembra rappresentare la triste avanguardia di una deriva a livello globale dello stato liberal-democratico, divenuto ormai uno stato di mercato.

5 commenti:

  1. In effetti l' atteggiamento naturale è proprio come lo descrivi. Chi lo sa, forse pesano nel nostro dna 1800 anni di dominazioni straniere, dove uno vale l'altro e il potere non è mai del popolo.
    Solo con una piccola nota però: l'Italia repubblicana non è mai stata una democrazia, inteso come governo del popolo. E' solo e sempre stata una partitocrazia retta da alcuni gruppi di potere sotto il protettorato americano (hai presente Iraq, Afghanistan etc? uguale).
    Rendersene conto non può fare che bene.

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  2. Per quanto mi riguarda la democrazia non è ancora nata: democrazia significa governo del popolo, non governo di coloro ce sono eletti dal popolo (nei modi tra l'altro che conosciamo).
    Però condivido lo spirito del post, i diritti costituzionali del vecchio liberalismo vengono di fatto sospesi, c'è sicuramente una preoccupante regressione ma questo è un pericolo intrinseco al sistema capitalistico che mette in contraddizione l'interesse individuale e l'interesse generale.

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  3. mi viene in mente il famoso libro (letto, studiato, odiato poi però riapprezzato con gli anni)di Thomas Mann: le considerazioni di un impolitico, cioè non apolitico, ma una forma diversa di assenza....
    l'ademocratico mi piace come termine, un neologismo che bene di adatta a questo magma italico!

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  4. Perfetto il neologismo che descrive questo paese in questo momento storico, che anche se non ha la violenza della dittatura ha la mortificazione delle idee e della libertàdi espressione.
    Spero tanto che ci si svegli da questo incubo prima o poi.
    Se permetti ti scippo il neologismo e lo uso d'ora in poi per spigare la nostra forma di governo.
    Un carissimo saluto.

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  5. Non avete aderito in molti al neologismo, ma, come dire, pochi ma buoni :-D

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