domenica 21 marzo 2010

IL CORAGGIO, UNA VIRTU' NECESSARIA

Quando l’otto marzo Napolitano affermò che viviamo in una nazione in cui la virtù può essere esercitata senza bisogno di coraggio, qualcosa mi apparse fuori posto, qualcosa su cui non riuscivo a concordare, ma poi non ci pensai più. Oggi, su “La Stampa”, compare un articolo della Spinelli che riprende questo discorso, commentandolo in maniera organica, come spesso le accade in maniera magistrale.

Cito un passo in cui la Spinelli fa un riferimento a Platone: Nella Repubblica, Platone spiega come il coraggio (andreia) sia necessario in ogni evenienza, estrema e non. Esso consiste nella capacità (dell’individuo, della città) di farsi un’opinione su ciò che è temibile o non lo è, e di «salvare tale opinione». L’opinione da preservare, sulla natura delle cose temibili, «è la legge e impiantarla in noi attraverso l’educazione», e il coraggio la conserva «in ogni circostanza: nel dolore, nel piacere, nel desiderio, nel timore».

Qui, quindi, il significato di coraggio non è certo il contrario di paura, perché anzi il coraggioso non ha meno paura degli altri, ma, al contrario dei pavidi, non se ne fa condizionare. Il coraggioso è piuttosto chi sa resistere al conformismo, chi ha una concezione del bene e del male, e la sa mantenere anche se le condizioni ambientali attorno a lui stanno cambiando radicalmente.

Meno convincente mi appare la seconda parte, dove finisce per parlare della democrazia con un apparente salto logico: gioverebbe forse ricordare che Platone non amava certo la democrazia. Se la Spinelli giunge alla conclusione che l’uomo non ama la legge, e quindi l’inevitabile coerenza e coraggio che il suo rispetto impone, ma sia piuttosto un essere conformista, come anche io sostengo nel mio libro, allora forse bisognerebbe ripensare se i meccanismi liberal-democratici non abbiano qualcosa di incompatibile con l’uomo così com’è e non come vorremmo che fosse. Dovremmo chiederci se non possano esistere strutture istituzionali che possano meglio delle attuali impedire quel degrado che non solo porterà a una tirannide che mai vorrà farsi chiamare tale, quella nei fatti è già iniziata, più in Italia, ma un po’ anche nelle altre nazioni occidentali. Porteranno piuttosto alla stessa estinzione dell’umanità. Bella e significativa la citazione da Kierkegaard: quando qualcuno preconizzerà la catastrofe, un pubblico istupidito ne riderà senza tentare di mettersi in salvo.

16 commenti:

  1. bella, significativa e quantomai appropiata.

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  2. A volte mi sembra che si prendano delle esternazioni e ci si ricami sopra a proprio uso e consumo senza riflettere più di tanto sulle parole dette (un po'come qui, dove si scambia una frecciata per una gaffe). Su quella frase del Napo notai su vari blog la solita levata di scudi, chissà perchè. In fondo disse solo che se una democrazia funziona al cittadino semplice non è richiesto di farsi carico di cose che vanno al di là del suo essere cittadino, quindi non deve dare dimostrazioni di coraggio (questo il senso del discorso): se deve darle evidentemente c'è qualcosa che non va. Mi sembrano spunti di riflessione più che affermazioni categoriche. Insomma, mi sembra la solita storia del dito e della luna.

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  3. @Rouge
    Scusami, ma mi pare che tu non abbia letto l'articolo originale. La Spinelli sostiene esplicitamente che un cittadino non può essere davvero tale se pensa che il rispetto della legge, delle regole, è qualcosa che può essere demandato ad altri. In altre parole, si potrebbe dire che non esiste cittadino se non esiste una sua partecipazione alla politica, se quella persona non si fa carico dei problemi collettivi, se a partire da sè stesso non contrasta quella spontanea deriva verso l'adattamento passivo al pensiero dominante. Il coraggio sta appunto nell'avere delle idee e lottare per esse, come diceva Platone.
    Naturalmente, bisogna vedere se non sia un sogno credere che tutti possano raggiungere questa mentalità critica, questa moralità ed impegno. Io, francamente, penso che ciò non sia possibile, che questa impossibilità sia appunto la buccia di banana su cui tutte le teorie illuministe finiscono per scivolare. Ma questo chi mi legge lo sa già, e si sarà anche stufato di leggerlo.
    Eppoi, Napolitano in tutto questo c'entra ben poco, era solo lo spunto per una discussione di carattere generale.

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  4. Carissimo, il coraggio è direttamente proporzionale alla fede in se stessi e nelle idee, nel grado di astrazione e di empatia e nel grado di tolleranza e civiltà, oltre che di ambiente e di cultura èquesto il problema secondo me.
    Se qui come coraggio pensiamo all'onestà e all'impegno civico, beh , in Italia è latitante, ma io sono del parere che il problema è che non ci sono esempi da seguire, tutti hanno magagne e nessuno ha il coraggio di ammetterle e superarle, e l'ingiustizia dilagante non consente di credere; chi ha coraggio poi è preso a fischi.
    Il coraggio anche di credere che le cose possano migliorare.
    Io ci credo ancora, non sono pochi , come quelli del popolo Viola ( e io mi sento come loro) che forse qualcosa di meglio in testa ce l'hanno.
    Un cordiale saluto a te che sei un coraggioso

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  5. Il vedere gran parte del nostro popolo istupidito davanti alla catastrofe imminente mi crea una tale angoscia che mi porta a pensare che il mio coraggio, come quello di altri, non servirà a niente e verremo travolti tutti quanti, inesorabilmente. E più che per me e per quelli della mia generazione, io sono profondamente avvilita, per non dire disperata, per il futuro dei nostri figli!

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  6. Vedo il fantasma della "natura umana" tra le righe del tuo post. Un concetto filosofico molto discutibile che ha mietuto e che continua a mietere vittime.
    Io avanzerei un'altra ipotesi, ovvero: l'individualismo non esclude il conformismo, ma ne è l'altra faccia della medaglia.

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  7. @Luce
    Credo che il senso che la Spinelli volesse dare al suo articolo sia che non può esistere democrazia senza cittadini coraggiosi. Se così è, dovremmo concludere che in una nazione con tanti tele-dipendenti, con una dose così alta di conformismo, non c'è democrazia vera, c'è una finzione che a mala pena nasconde una tirannide mascherata. Purtroppo però, i conformismi possono essere molteplici, e il coraggio alla fine è una dose strettamente individuale che non si può attribuire a nessun movimento nel suo complesso.

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  8. @Ornella
    Ma saremmo travolti soltanto se smettessimo di essere coraggiosi: quella sì sarebbe la vera sconfitta.

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  9. @Matteo
    Qui, al contrario delle tue abitudini, sei quasi criptico. Sollevi il problema della natura umana che è un argomento che mi appassiona, ma anche un problemone enorme che qui non potrebbe essere trattato. Detto con una laconicità paragonabile alla tua, sarebbe ben strano che si potesse avere delle opinioni sul mondo, e quindi anche sulla politica senza un modello quanto meno implicito dell'uomo e di come siamo fatti. Il fatto però che non si espliciti una visione che comunque non possiamo evitare di avere dentro di noi è ben più grave che parlarne alla luce del sole: questo senza contestare che all'ombra di tragiche teorie sulla natura umana siano state compiuti stermini. Non mi pare comunque una ragione per "fare finta di niente": in fondo, ciò che conta è come se ne parla, non che se ne parli.
    L'ultima frase confesso di non averla compresa. Non ho capito in particolare la tua ipotesi a cosa si riferisca.

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  10. Voglio dire, che questa "natura umana" è un concetto molto problematico. Attribuire comportamenti sociali a un presunto carattere immutabile dell'uomo ci conduce quasi sempre in un vicolo cieco. Di questo passo qualsiasi cosa potrebbe essere attribuita alla "natura". In epoca feudale si credeva che la divisione della società rispecchiasse un ordine naturale, più di recente degli storici si sono avventurati cercando di attribuire a un carattere innato dell'uomo lo "spirito capitalistico", in questo modo qualsiasi carattere potrebbe essere attribuito a un senso innato dell'uomo, potremmo andare indietro nella storia e riscontrare delle similitudini con quello che avviene oggi (cosa non molto difficile, è un meccanismo psicologico per cui vediamo ciò che vogliamo vedere) e il gioco è fatto. Ma non mi sembra molto attendibile scientificamente.

    Il conformismo è un modello comportamentale riscontrabile come effetto di un determinato tipo di società molto gerarchizzata (che sia il modello della tradizionale famiglia patriarcale o della società divisa in classi). L'apparente e formale libertà non dovrebbe trarci nell'errore di considerarla effettiva. Le televisioni e i media impongono modelli di comportamento molto rigidi in realtà, sebbene viviamo in una società individualista. L'atomizzazione della società, il cinismo e l'individualismo, non precludono comportamenti conformistici, semplicemente questi comportamenti avvengono isolatamente e individualmente invece che all'interno attività collettive.
    Al contrario, in una comunità con un forte senso di gruppo e di solidarietà tra i membri sarebbe possibile (purché sia abbastanza egualitaria) una grande libertà da parte del singolo e al contempo un forte senso di affiatamento e di sostegno reciproco.

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  11. @Matteo
    permettimi di iniziare dalla fine del tuo commento precedente. Mi pare che siamo d'accordo su un punto fondamentale, che la formale possibilità di scelta non coincide con una sostanziale capacità di scelta. E' proprio dalla constatazione di alcuni tratti dell'uomo, quale la sua socialità, che lo spinge a riconoscere il senso dell'autorità, che parte la mia aspra critica di qualsiasi sistema liberale.
    Per quanto riguarda poi l'avere una propria concezione di cosa sia la persona umana, lasciando da parte l'espressione "natura dell'uomo", cosiderata controversa, non puoi criticarla soltanto elencando come questo concetto si sia sviluppato storicamente. In ogni caso, nessuno di noi può ignorare di sapere che usiamo le gambe, piuttosto che le braccia, per camminare.
    Riprendendo infine l'esempio dello spirito capitalista dell'uomo, anche io penso che in fondo il meccanismo di accumulazione può trovare il proprio fondamento nell'istinto dei canidi a sotterrare gli ossi per usarli successivamente. Ciò però non può tradursi in un'accettazione del capitalismo, ma piuttosto nello stare maggiormente in guardia rispetto a tendenze innate che contrastano con un tipo di sistema sociale a cui aspiriamo.

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  12. Condivido le tue stesse conclusioni ma non il modo in cui ci arrivi e il metodo che usi. Sei tu che vuoi vedere questa somiglianza di comportamento tra un'attività umana e i cani; siccome questi ultimi agiscono secondo istinto, QUINDI, secondo te, ci sarebbe un istinto innato anche nell'uomo a comportarsi così.
    In questo modo potremmo dire che siccome l'uomo può nuotare e i pesci fanno altrettanto per istinto esiste un istinto innato nell'uomo per il nuoto. Tu trascuri un dato fondamentale dell'essere umano che è la cultura. Per poter fare qualcosa non è necessario aver un istinto apposito perché si può imparare.
    In qualsiasi attività umana esiste un fattore sociale (che è lo svolgimento di quella attività) e uno "naturale" che è il possesso di una struttura corporea che PERMETTA di compiere certe azioni. Ma non sta scritto da nessuna parte che l'uomo debba per forza camminare perché ha le gambe. E' anch'esso frutto di apprendimento, esattamente come nuotare.
    Certo, se al posto delle gambe avesse delle pinne non potrebbe stare in piedi, ma questo è un altro discorso.
    Dove voglio arrivare? al fatto che con questo ragionamento qualcuno può giungere a conclusioni opposte alle tue. La natura umana è capitalistica (semplifico per brevità) quindi opporsi al capitalismo è innaturale, quindi, sbagliato e dannoso.
    Rousseau diceva che l'uomo nasce libero e che le sovrastrutture della società sono qualcosa che opprime la sua natura. Cioè il contrario di quanto tu sostieni.
    C'è chi sostiene che la natura umana è anarchica e sfuggente a qualsiasi autorità e chi dice invece che va alla ricerca di un capo.
    Dove ci porta questo modo di argomentare? Da nessuna parte. E' il metodo che è sbagliato, evidentemente, se può portare a diverse conclusioni incompatibili tra loro.

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  13. @Matteo
    Scusami, ma il tuo argomentare è paradossale. Portandolo alle estreme conseguenze, poichè la riflessione filosofica ha portato nel corso del suo sviluppo a tanti differenti tesi, filosofare è un metodo sbagliato, come lo è lo stesso sviluppare pensieri. Meglio smettere di pensare, così siamo certi di non arrivare col nostro pensare a conclusioni errate. Non c'è nulla di errato nel metodo, te l'assicuro, almeno nel senso che non esiste una graduatoria obiettiva nei metodi, ed ognuno argomenta a suo modo le proprie tesi, è il destino inevitabile dell'uomo di avere idee più o meno ragionevoli e mai poter essere certo della loro vericidità.
    Il limite di un blog è che ciò che si afferma non può essere ampiamente ed adeguatamente argomentato. Io uso molto l'etologia per capire l'uomo, perchè ritengo che l'uomo sia pienamente un animale tra animali, visto che nessuno dubita che l'uomo abbia un DNA uguale al 98% di quello degli scimpanzè. Sembra ragionevole che a livello istintuale le cose tra questi due animali vadano in maniera abbastanza simile. Poi, come giustamente tu dici, l'uomo ha anche la cultura, ma, sarebbe saggio ricordarlo, non soltanto la cultura. Bene, non ci sarà cultura che si possa costruire a partire da un uomo fasullo, inesistente. Non c'è cultura, spero mi si perdoni la volgarità, per cui l'uomo possa fare a meno di defecare o vivere senza acqua o senza ossigeno. La verità è che ogni volta che pretendiamo di costruire cultura senza basarci su dati realistici, andiamo inevitabilmente incontro a fallimenti epocali. Anche l'esempio delle gambe per camminare, ti assicuro da padre di bambini che i bimbi imparano a camminare senza bisogno di addestramento alcuno, la natura c'ha fatto così, costruiti per camminare sulle gambe, e chi pretendesse di fare diversamente meriterebbe certo l'epiteto di demente. Anche il nuotare nel neonato è del tutto spontaneo, si perde nell'infanzia, ma poi si nuota senza necessità di istruttore, anche di questo sono certo. Questo è un argomento per me fondamentale, e petr me è un po' frustrante dovermi fermare nelle mie argomentazioni. Forse, leggendo il mio libro, potresti meglio apprezzare il mio punto di vista.

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  14. Il problema non nasce per il fatto di ammettere una costante biologica per l'essere umano, ma nel volerla trovare anche in aspetti che attengono propriamente alla cultura. Che abbiamo delle gambe, delle braccia e un cervello questo è chiaro, riguarda la nostra dotazione naturale, ma quello che possiamo farci con essi è un altro paio di maniche. Il bambino che impara a camminare lo guarda fare agli adulti, vive in un mondo in cui tutti camminano. Se vedesse i suoi genitori e gli altri individui muoversi a quattro zampe, farebbe lo stesso e non imparerebbe mai a camminare. Il momento in cui l'uomo ha acquistato la stazione eretta ed è diventato un bipede non è stato un passaggio automatico, cioè non appena ha acquistato la potenzialità fisica per farlo, ma è stato anch'esso un prodotto di necessità sociali e culturali e infine dell'apprendimento.
    Per tornare alla questione del capitalismo. Nelle società primitive pre-agricole dove c'è un'organizzazione di tipo collettivistico non esiste alcunché di propensione all'accumulazione. La proprietà della terra è qualcosa di inconcepibile non sanno neanche cosa significa, lo provano lo sconcerto dei nativi americani quando i bianchi parlavano di proprietà della terra. Eppure alcuni sono arrivati a dire che sarebbe qualcosa di naturale.
    Nel passaggio dalle società agricole al sistema capitalistico-industriale alcuni imprenditori si lamentavano che gli operai non volessero lavorare di più per guadagnare di più ma si accontentassero del necessario per vivere. Per forza! venivano da una società in cui non c'era l'idea del profitto, del "tempo che è denaro" dell'accumulazione del capitale! Dove sarebbe quindi il "gene del capitalismo"?

    Sono d'accordo sul fatto che è un argomento che richiederebbe un tempo maggiore. Comunque ci ritroviamo su questo su campi opposti, tu ad esempio dici che l'uomo ha un DNA uguale al 98% a quello dello scimpanzé. Io penso che proprio per questa ragione l'enorme differenza che esiste tra l'uomo così come è oggi e lo scimpanzé sia dovuta alle dinamiche sociali e a quel complesso di fenomeni umani che chiamiamo "cultura" (con cui qui non intendo solo l'aspetto "spirituale" della vita, ma in senso più allargato tutte le attività che sono acquisite per esperienza e apprendimento e che appartengono al bagaglio di conoscenza acquisite delle civiltà umane).

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  15. @Matteo
    Sul primo punto, insisto: il bimbo si mette in piedi indipendentemente da quello che vede fare agli adulti, stanne certo. Semmai, la cultura interverrebbe successivamente, rimettendolo carponi. Sul capitalismo, il discorso è lungo e, visto che siamo d'accordo, almeno sulle conclusioni, non c'è ragione di dilungarci.
    Sull'ultimo punto, siamo totalmente d'accordo. Ma proprio a partire dalle tue stesse parole, non capisco chi come te e tutti i neo-illuministi vi ostinate ad ignorare tutto il nostro aspetto biologico.
    Qui, mi devo soffermare ancora. Prendiamo il principio della libertà di stampa. In nome di questo principio tale imprenditore brianzolo a partire dagli anni settanta ha cominciato a trasmettere via etere programmi televisivi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un paese intellettualmente devastato che asseconda masochisticamente i soprusi che quest'uomo perpetua dopo essersi fatto eleggere premier. Non sarà che il signor B. fa leva sui nostri istinti ancestrali? Che se capissimo come funziona la nostra mente almeno come lo capiscono i pubblicitari, potremmo immaginare un sistema politico più aderente all'uomo così com'è piuttosto che immaginare una società formata da individui liberi e razionali che sono solo il parto di qualche mente esaltata?

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