martedì 24 novembre 2009

L'IDEOLOGIA ASSENTE NEL PD

Vorrei oggi citare ancora un articolo di Barbara Spinelli, assieme, stavolta a un articolo di Giovanni Sartori. Trattano certamente due temi diversi, ma finiscono per mettere a fuoco lo stesso argomento, secondo punti di vista chiaramente differenti, anzi, per molti aspetti, opposti.

Si tratta di articoli complessi, la cui analisi richiederebbe ben altri approfondimenti di quelli compatibili con un blog. Li userò piuttosto in maniera parziale, soffermandosi su aspetti specifici.

Parto dalla Spinelli che colpevolmente non costituisce una mia lettura abituale: diciamo che in questi giorni ne ho riscoperto la grande lucidità di analisi e mi riprometto d’ora in poi di farne tesoro come fonte di ispirazione e di confronto. Ella prende spunto dall’anniversario della caduta del muro di Berlino che indubitabilmente, soprattutto per il suo contenuto simbolico, ha costituito un punto di svolta per la politica mondiale e particolarmente europea.

Occhetto, segretario del PCI a quel tempo, sollecitò un cambiamento nella politica con quella che pomposamente chiamò “la svolta della Bolognina”. La svolta della Bolognina era in parole povere il rinnegare la tradizione comunista per fondare “la Cosa”. Come argomenta la Spinelli, l’uso stesso di questo termine denunciava il vuoto mentale dei dirigenti del PCI, uniti soltanto sul voler cambiare, ma incapaci di formulare qualsiasi ipotesi alternativa. A questo proposito, scrivo nel mio libro che l’unica cosa conseguente che si sarebbe dovuta fare, avendo abbandonato un credo precedente e senza idee sostitutive, era sciogliersi, come chi perde la fede non si sogna di sostituirla subito con un’altra, semplicemente smette di abbracciare la fede precedente. Insomma, il PDS nacque già con questo peccato originale, di costituire soltanto un gruppo dirigente che, disponendo di strutture logistiche, avendo un seguito di militanti invidiabile, decise di sfruttarlo per sopravvivere politicamente. Il vuoto ideale di quei dirigenti non si è più riempito, ed anzi il passato comunista divenne un fardello ulteriore da espiare, come chi, da migrante in terra straniera, volendo far dimenticare di essere italiano, evita accuratamente di parlare nella propria lingua natia, tentando di simulare una maestria nella lingua acquisita che mai potrà davvero avere. Occhetto pensava che questo vuoto ideale dovesse essere transitorio, e che quindi andasse colmato al più presto. Ma fu sconfitto e il vincitore D’Alema assunse questo vuoto ideale come tratto permanente della propria formazione politica: sua è l’espressione di aspirare ad una paese normale, modo per trasformare la Cosa di Occhetto da transitoria in permanente. La normalità, come è ovvio, è un concetto inesistente, e quindi i DS non hanno più smesso di navigare a vista senza porsi più alcun obiettivo finale.

Soffriamo quindi nel nostro paese, ma io credo che si tratti di un problema mondiale, seppure in forma meno grave, di una carenza di quella che io mi ostino a chiamare ideologia, pur scontando la pluralità di significati che essa ha finito con l’assumere nel corso della storia. Ideologia è per me un sistema coerente di valori, che non necessariamente deve finire col cristallizzare il complesso delle opinioni, in quanto queste possono certo cambiare in funzione del vissuto, del confronto. L’ideologia costruisce piuttosto il substrato su cui costruire la politica, l’etica, la comunicazione stessa. Spesso accosto l’ideologia al linguaggio: se non condividessimo il senso delle parole, come potremmo anche soltanto comunicarci delle semplici informazioni? La menzogna, consapevole o no che essa sia, del rifiuto dell’ideologia, sta quindi nello sposare l’ideologia dominante che per operare non ha certo bisogno di un’accettazione esplicita. Nel momento in cui si vuole invece cambiare radicalmente i comportamenti sociali, è necessario invocare una nuova ideologia, e tutto si gioca quindi in questa asimmetria: chi deve mantenere l’esistente, fa finta di essere un libero pensatore, e tutto l’onere ricade su chi vuole cambiare. E’ la tesi appunto sostenuta da Sartori, che dice dell’ideologia: un pensiero che non-è-più-pensato, un ex pensiero dogmatico e fanatizzato che appunto ammazza il pensiero e le idee.

Sartori apparentemente sembra non rendersi conto che la stessa esistenza di una società, di una condivisione tra individui diversi, implica una cultura comune. Pensare si può e si deve, ma i pensieri traggono origine da altri pensieri, e questo processo è spontaneo. Rintracciare le fonti remote delle proprie convinzioni è un processo molto complesso, e lo stadio fondamentale per proporre una nuova ideologia consiste per l’appunto nel disvelare l’ideologia dominante che ben si dissimula nella nostra vita di ogni giorno.

Più interessante appare la parte dove Sartori richiama una cosa poco nota al grande pubblico, e cioè cosa pensassero i filosofi greci della democrazia. Per Aristotele, al contrario che per tanti nostri contemporanei, era ben chiara la differenza tra interessi realmente generali e interessi numericamente prevalenti. Proprio perché la democrazia era il governo dei molti, non avrebbe potuto portare avanti interessi generali, ma solo quelli particolari, e quindi la democrazia non poteva, per Aristotele, essere un buon governo.

Solo la spinta ideale proveniente dall’Illuminismo prima, dal Romanticismo poi, hanno fatto della democrazia ciò che appare nella maggior parte dell’Occidente, proprio nel contemperare il principio del consenso, cioè del mercato del voto, con principi ideali ad esso superiori.

Sartori quindi giunge alla conclusione che il gruppo dirigente del PCI, una volta abbandonato il credo marxista, resta un gruppo di potere— con nobili eccezioni, si intende — altrettanto cinico e baro dei gruppi di potere al potere.

In modo non dissimile, la Spinelli parla di un’espiazione, di un passato che per essere dimenticato, richiede la negazione di un’identità propria, la stessa negazione del concetto di opposizione come atteggiamento coerente e sistematico.

23 commenti:

  1. Caro Vincenzo,
    non so se nell'attuale PD manchi un'ideologia, ma sono convinto che se ce n'è una è sicuramente quella sbagliata. E soprattutto manca un'anima.
    Sartori colpisce nel segno quando dice che ormai si è ridotto ad un gruppo di potere. Si pensa soprattutto a tenersi ben stretta la poltrona. Purtroppo la politica è ben altra cosa...

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  2. Post avvincente. Sul significato stesso di ideologia si sono fatte tante mistificazioni che hanno portato ad uno svuotamento del suo significato. E questo è molto triste. Complimenti davvero per il post.

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  3. E' questo che crea tanta amarezza in molti di noi! Ormai l'ideale di chi fa politica sembra essere solo quello di affermarsi come singola persona e non quello di portare avanti dei valori che migliorino la società.

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  4. Rispondo al vecchio commento...Si, se intendiamo "Il compromesso" come un accordo volto a qualcosa di buono.
    Il punto è che invece questo mi suona sempre come un tradimento, un volta bandiera, finalizzato ai piccoli interessi privati.

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  5. La svolta della Bolognina sancì il passaggio/rifiuto di un credo politico dogmatico che però già da tempo in Italia si stava consumando (penso all'inseguimento di una terza via da parte di Berlinguer, al tentativo fallito di un eurocomunismo affrancato dalle direttive sovietiche), passaggio consumato in ritardo e attuato con debolezza di idee, come giustamente rimarchi ma che poteva avere buoni risultati (comunque falsi e mi spiego dopo) non fosse stato per la sua classe dirigente.
    A mio avviso non esiste classe politica che non sia anche, se non solo, espressione di un gruppo di potere. Le ideologie possono nascere per giusti fini ma senza l'acquisizione da parte di un potere che le fa per convenienza proprie hanno vita breve e difficile attuazione. Persino Lenin e la Rivoluzione d'Ottobre era stata finanziata da parte della Germania imperiale, per cui purtroppo il punto fondamentale è che le decisioni e le svolte, anche ideologiche, cascano sempre dall'alto, mentre una democrazia in quanto tale dovrebbe fare il contrario. A fronte di questo le ideologie non hanno nessun senso pratico, quali che siano, essendo prese in prestito e sfruttate per meri motivi di presa e gestione del potere.
    Oggi abbiamo un vuoto ideologico che non permette ai partiti politici di attuare con calma e credibiltà (apparente) il loro vero ruolo di pedine del potere che sta sopra di loro, da qui le molte difficoltà da parte del PD e rendersi credibile.
    In definitiva le ideologie sono utili solo finchè restano patrimonio di chi non ha accesso alle stanze dei bottoni.

    P.S. Scusa la lunghezza: con te mi capita sempre di dilungarmi :)

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  6. @Ilpoeta
    Secondo me, neanche la poltrona si salvano se continuano così...

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  7. @Ornella
    E si trascina anche sè stessi nel baratro...

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  8. @Rouge
    Ho trovato un po' difficile la lettura del tuo commento che, nel complesso, mi pare molto pessimista, direi senza scampo. Quello che io credo è che è possibile influenzare il modo di pensare della gente, il modo in cui concepiamo il mondo e noi stessi, e lo strumento è l'ideologia. Se cambia questo, in realtà l'obiettivo mi pare raggiunto, perfino in presenza di interessi occulti.

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  9. Carissimo,leggerti è come leggere una cronaca politico-sociale lucida, e devo dire con la grazia e il valore della obbiettività, di questi tempi che faranno, a loro modo, storia e questo te lo dovevo dire.
    Pur avendo una vera coscienza sociale da qualche hanno ( prima ho dovuto occuparmi della mia funzione biologico-esistenziale della maternità che amo amcora ma che adesso è finalmente meno pesante)leggendo te mi è venuta in mente solo una riflessione:l'uomo e le ideologie dell'uomo cambiano e si evolvono con l'etica e il tempo.
    Mi spiego ( o ci provo) .
    Certe ideologia nate con specifiche pecularietà contestualizzate devono, per forza di cose,evolversi al cambiare delle esigenze madri da cui nascono e quindi anche la sinistra doveva in un certo modo evolversi, dato che comunque si faceva carico di una serie di interessi sociali da proteggere che si contrapponevano a quelli più specifici di una classe che per definizione era quella "capitalista" e quindi diciamo egocentrica e sfruttatrice.
    Poi tutto è degenerato.
    Il PSI corrotto, la politica come mestiere per tutti, gli anni di piombo che hanno fatto paura a chi pensava e si esponeva, sindacati che perdevano inìdentità corporaritva, l'edonismo reganiano degli anni 80, insomma gli uomini sono cambiati e i veri nemici sono cambiati mentre la classe politica di sinistra no.
    Sono come alcuni preti che ancora credono nella mela e nel peccato originale.
    Io sono daccordo con te e cioè credo che la gente possa essere indirizzata per il bene della comunità, magari anche prendendo il meglio da tutte le ideologie politiche presenti, perchè la cosa che a tutti sfugge è che se la testa non funziona, tutto il corpo va a farsi benedire, e quindi se chi ci governa non ci sta con la capoccia, anche i piedi ( cioè noi) vanno in cancrena.
    Un caro saluto

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  10. Letto e apprezzato... un salutone ideologico!

    mirco

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  11. E noi poveretti che siamo lì in mezzo cosa possiamo fare?

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  12. OT

    Vabbè...ma "Cent'anni di solitudine" non potevi non metterlo!

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  13. Per creare una nuova ideologia ci vogliono intellettuali in grado di farlo, cosa che oggi manca. Per cui quelli che restano invece di ammettere di non esserne capaci di concepirla, si rifugiano nella comoda scusante secondo cui le ideologie sarebbero morte.
    Tra l'altro se queste ideologie sono morte (non certo quella neoliberista) la colpa è anche loro. Mi riferisco a persone come appunto Sartori. adesso piangono lacrime di coccodrillo, ma per anni hanno spinto per destrutturare la sinistra. Ora di che si lamentano? Cosa pensavano potesse fare uno pseudo-partito senza ideologia, o meglio, senza un'ideologia alternativa e antagonista? Sartori sarà contento per l'americanizzazione del nostro sistema politico, ma questa americanizzazione è il male, non la cura.
    Sono d'accordo con l'analisi iniziale: questa gente come Occhetto, D'Alema, Veltroni, Fassino, and co., con poche e confuse idee e con tanti compromessi e tatticismi (tra l'altro anche falliti) doveva ritirarsi dopo aver sciolto il PCI, sarebbe stata la decisione migliore per tutti, e magari lasciare la politica a qualcun altro con più idee e meno compromessi.

    Sia detto fra parentesi per me lo scioglimento del PCI è stato un fallimento e il riconoscimento di questo fallimento, non un "cambiamento".

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  14. @Luce
    A me veramente pare che le cose sono cambiate davvero tanto, e il nostro modo, come umanità, di affrontare questi cambiamenti sia inadeguato alla loro dimensione. E' questo che mi ha spinto a elaborare una nuova ideologia, ma è tutto così maledettamente difficile: ci confrontiamo ogni giorno con i piccoli interessi particolari, allegramente correndo verso il baratro.

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  15. @Alberto
    Bisogna costruire una classe dirigente, e questa si può aggregare soltanto attorno a idee forti. Io propongo le mie idee nel libro che ho scritto, e sono convinto che possano costituire quanto meno una base di discussione su cui si dovrebbe lavorare. E' però difficile fare breccia, anche solo proporle a una riflessione in fasce di popolazione abbastanza ampie...vedremo. Non credo che col materiale umano che il mondo della politica ci propone, ci sia qualcosa di davvero utile da fare.

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  16. @Baol
    Eh, ma tu sei implacabile: hai deciso di rinfocolare i miei sensi di colpa? :-D

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  17. @Matteo
    Sono d'accordo sulle cose che dici, forse un po' meno su quello che qua non dici, ma ci siamo detti altre volte, e ci diremo ancora in future occasioni (almeno lo spero).

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  18. Matteo (Old Whig)27/11/09, 08:17

    Interessante post. Devo dissentire con il mio omonimo: la politica italiana è tutto tranne che americanizzata, per almeno tre motivi.
    Primo, culturale: non abbiamo una cultura della responsabilità e della coerenza. In America (dove vivo) nei dibattiti politici si va a cercare un'affermazione anche vecchia di decenni per attaccare. Se qui in Italia facessero una cosa del genere gli basterebbe andare indietro di una settimana per trovare contraddizioni ed ipocrisie mastodontiche. La verità è che la responsabilità e la coerenza pretese dall'elettorato anglosassone non ci sono proprie. E' un fatto culturale, ahimè, impossibile da sradicare.
    Secondo, istituzionale: non abbiamo un presidenzaialismo forte (nè sono sicuro di volerlo visto che in Italia non abbiamo limiti di mandato...).
    Terzo, e più importante, politico: non abbiamo un bipartitismo. Abbiamo a mala pena un bipolarismo rissoso. E abbiamo tutte le derive estremiste (basta pensare che fino alla scorsa legislatura ancora sedevano in Parlamento comunisti dichiarati) che un sistema non bipartitico porta con sè...

    Magari fosse vero ciò che dice il mio omonimo! Magari avessimo una politica più americanizzata!

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  19. @Old Whig
    Le tre differeneze che tu sottolinei mi paiono fondate. Ciononostante, non credo che il tuo anonimo abbia torto: è un'americanizzazione "de noiantri", senza la cultura americana, senza una struttura istituzionale adeguata. E' appunto il modo provincialistico italiano di vedere la politica all'americana: prendiamo ciò che ci serve, lasciando il resto inalterato, e soprattutto ignorando le differenze culturali derivanti da storie e anche credi religiosi molto diversi.

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  20. Mi scuso; anonimo starebbe per omonimo, ovviamente. :)

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