martedì 30 agosto 2011

SUCCESSO DI BERLUSCONI, ALLEATI MESSI ALL'ANGOLO

Niente da dire, il risultato dell'incontro di Arcore è un indubbio successo di Berlusconi, l'unico reale vincitore, assieme in parte a Tremonti che ha evitato l'aumento dell'IVA, forse come dice Bersani, perchè se lo riserva per una situazione di emergenza.
Tutti gli altri ne escono malconci, sia Alfano che aveva affrettatamente calato le braghe alla Lega sulle pensioni, sia la stessa Lega, e particolarmente Bossi, ormai apparentemente accantonato dai suoi stessi compagni di partito, e che cede sistematicamente a Berlusconi nel momento decisivo.
Il successo di Berlusconi è, neanche a dirlo, un successo di immagine, rinviando agli Enti locali gli aumenti fiscali, e affidando l'intera riduzione di bilancio sul lato delle uscite.
Per Tremonti, il risultato è agrodolce, perchè il punto debole della manovra sta nell'affidare una parte sostanziosa della riduzione del disavanzo a una legge costituzionale, di attuazione posticipata e di dubbio esito, data la procedura di approvazione più complessa. Il rischio è che i criminali internazionali possano continuare a speculare sull'Italia, ed egli potrebbe perdere ancora un'ulteriore dose di prestigio in questo circolo esclusivo internazionale di natura criminale.
Come sapete, nelle brevi note illustrative distribuite alla fine dell'incontro (e mancanti del tutto della quantificazione del risparmio dovuto alle singole misure), non v'è alcun riferimento a misure di lotta all'evasione fiscale, e meno che mai all'idea, in fondo neanche male, di Calderoli, di confrontare il patrimonio col reddito per stanare evasori. Se colleghiamo quest'assenza con il permanere di tagli consistenti, anche se ridotti rispetto alla stesura originale del provvedimento, agli Enti decentrati, e all'intervento, pur se limitato, sulle pensioni, la disfatta della Lega è evidente, e viene in evidenza l'elemento di sconfitta personale di Bossi che mi pare ormai condannato a un ruolo di testimoninaza, il capo storico ormai probabilmente estromesso dalle decisioni reali dai suoi compagni di partito.
In un certo senso, il risultato è soprendente, Berlusconi che appariva messo all'angolo, mostra di avere ancora freccie al suo arco, ma si trattaq di un risultato personale, perchè il PDL appare sempre più diviso al proprio interno, e con un segretario che appare ormai patetico, una specie di portavoce o al massimo di plenipotenbziario di Berlusconi che lo può sconfessare nel giro di pochi secondi.
L'opposizione dice bene, per ottenere questo successo d'immagine, il provvedimento è stato gravemente indebolito, nel senso che la riduzione del disavanzo originalmente prevista è del tutto aleatoria, ma essa ne esce comunque fortemente indebolita, perchè il bersaglio previsto (Berlusconi) ne esce rafforzato, ed ogni ipotesi di sviluppi nuovi a livello parlamentare si allontanano. Forse le novità potrebbero venire a livello europeo, e potrebbero risultare severe proprio nei confronti del governo italiano, ma oggi non v'è dubbio che Berlusconi ha dimostrato di riuscire a prevalere almeno all'interno dell'area di maggioranza.

domenica 28 agosto 2011

GRANDE INFORMAZIONE INDECOROSA

Oggi, voglio occuparmi del settore della grande infromazione, notiziari TV e giornali a diffusione nazionale. Questa scelta deriva dallo spettacolo indecoroso che tale settore ha dato di sè in questi ultimi giorni.
Per giustificare il mio giudizio così drastico, non occorre neanche entrare nel merito dello modo in cui gli argomenti sono stati affrontati, ma basta una rapida scorsa ai titoli, rendendosi conto così delle priorità che la stampa si è data nel proporli ai propri lettori/ascoltatori.
Negli ultimissimi giorni, siamo stati letteralmente sommersi dalle notizie su Irene, l'ultimo degli uragani formatosi sulla costa orientale del continente americano. Non entro nel merito della sopravvalutazione dei suoi effetti, perchè non è questo il punto, rifletto come le inondazioni veramente bibliche, senza pre4cedenti a memoria d'uomo, avvenute l'anno passato in Pakisthan, hanno attirato molta meno attenzione. Ma si sa, tutto ciò che avviene al centro dell'impoero, trattasi pure di una calamità naturale, diventa di colpo esageratamente importante.
Anagolamente, la crisi finanziaria, così esplosiva nei suoi aspetti più recenti, nella stampa è stata declassata a gossip politico, con opposte fazioni schierate contro a favore delle pensioni, pro o contro l'aumento dell'IVA, pro o contro il contributo di solidarietà, pro o contro la patrimoniale, il tutto avvenendo in un chiasso che ha reso del tutto incomprensibile il merito delle discussione e naturalmente delle opposte argomentazioni.
La questione della crisi è certamente della massima importanza, ma rimuoverne l'aspetto internazionale, l'ignorare la sua dimensione globale e conseguentemente le sue cause, finisce col declassarla a un giochetto per politicanti che, attraverso la contrapposizione sulle singole misure economiche, regolano in realtà i loro conti interni, alla fine del tutto disinteressati e distaccati dal problema specifico chge questi scontri aveva suscitato.
Tutto ciò avviene, come motivo certamente aggravante, negli stessi giorni in cui la battaglia infuria più che mai in Libia e nella sua stessa capitale Tripoli, con un esito ancora non scontato e da cui dipoende certamente molto della storia stessa del nostro mondo globalizzato e del Mediterraneo in particolare.
La vwerità è che il provincialismo è la malattia cronica di questa nostra Italietta, divisa tra l'ammirazione per il potente (gli USA), e l'ingigantimento delle liti intestine, entrambi facce di quell'atteggiamento provinciale, da cittadina periferica, che evidentemente caraterizza oggi più che mai quegli stessi soggetti che dovrebbero svolgere, dal settore dell'informazione, un ruyolo dirigente sulla nostra nazione.

mercoledì 24 agosto 2011

DEL TOPOLINO PARTORITO DAL PD E DELLE OSSESSIONI PERSONALI DI SACCONI

Sembrava, da come la strombazzavano da giorni con grande enfasi, che la manovra sostitutiva proposta dal PD fosse un evento epocale, in grado di mettere chiarezza sul ruolo che l’Italia avrebbe dovuto giocare nella crisi finanziaria in corso.

Poi, nel merito, il PD propone anch’esso privatizzazioni e dismissioni, e intervento sulle pensioni, quest’ultima in una forma ipocrita e vile, senza il coraggio di sposarla.

Naturalmente, ci sono le declamazioni sull’evasione fiscale, sulle misure per lo sviluppo e l’occupazione, ma manca clamorosamente il quadro di riferimento, e cioè un giudizio sulla situazione internazionale, sulla natura stessa della crisi, prigionieri anch’essi dei diktat della BCE, che a sua volta subisce i condizionamenti del mercato globale.

Alla fine, ciò che veramente per loro conta è la bassa credibilità del governo: ma siamo poi certi che sia il solo governo a non essere credibile, e non un’intera classe politica prigioniera del monopensiero che vede la competitività come il faro che le scelte politiche devono seguire?

Non serve ritornare sulle considerazioni che ho già svolto nella serie di post precedenti, solo la conferma di un’Europa del tutto priva di una testa pensante, di elaborare una politica che analizzi spregiudicatamente, senza i dogmi neoliberistici dominanti, la situazione dell’economia globale, e proponga una via d’uscita, per quanto impopolare essa possa apparire.

Prima di chiudere il post, non mi posso però esimere dal fare riferimento al ministro Sacconi, che ha sbrigativamente e sprezzatamene bocciato l’indizione dlelo sicpoero generale da parte della CGIL. Ingiustificabile, ha detto.

Vorrei dire al ministro Sacconi che è l’inserimento della norma che introduce la pratica degli accordi aziendali che è ingiustificabile. Lo è almeno per due ragioni. L’uno è che le parti sociali avevano ufficialmente chiesto al governo di stare fuori dalla materia, il secondo è che si tratta di una misura che sta alla manovra come i classici cavoli a merenda, non serve a fare cassa e quindi non ha titolo per essere inclusa in provvedimenti di tale natura.

Ora, uno si dovrebbe chiedere quali siano le motivazioni che hanno spinto il Sacconi a questo protagonismo rifiutato esplicitamente dagli interessati, fino a determinare un elemento di evidente eterogeneità nei provvedimenti. Sembrerebbe che ci sia da parte sua una questione di natura personale, una partita sempre aperta e che si vuole portare allo scontro più clamoroso tra costui e la CGIL: sarà per farsi perdonare di averne fatto parte?

Davvero, è perfino penoso dovere osservare una politica diventata una questione di esigenze personali, probabilmente di natura ossessiva, di singoli ministri.

sabato 20 agosto 2011

CORAGGIO ED ONESTA' INTELLETTUALE

Non si osserva nessun segnale di rinsavimento nella classe politica europea.
Io faccio una domanda che dovrebbe apparire ovvia, e nello stesso tempo è assolutamente indispensabile rispondervi in maniera convincente: qual è la natura del problema che le economie europee si trovano di fronte? E' di natura interna o esterna all'area europea? E' possibile tracciarne una diagnosi puntuale ed accurata?
A me non sembra di riscontrare neanche un accenno di questa determinazione a risalire alle vere cause della crisi in atto, e quindi le soluzioni che vengono proposte non possono che risultare inefficaci, anzi del tutto fuorvianti, tragicamente direi fuorvianti, in quanto la loro messa in atto determina vere tragedie per gli europei.
Analogalmente, sul fronte degli obiettivi, si da' per scontato che si debba perseguire l'aumento del PIL.
In definitiva, le discussioni sulla crisi avvengono in maniera del tutto inconcludente, senza che si capisca quali siano le ricette proposte. E' come se un tizio verificasse la scarsa stabilità strutturale della sua casa, e, senza andare a verificare quali sino le cause, decidesse di ridurne l'altezza, scaricando terra attorno all'edificio: avrà sotterrato gran parte della sua casa, senza peraltro avere neanche affrontato il reale problema che ha di fronte. E' una situazione frustrante vedere questi politicanti che non sanno che pesci pigliare, eppure così impegnati a mantenersi nelle posizioni di vertice, e molto più preoccupante rimane vedere come la gente stia lì imbambolata, sostanzialmente passiva, a stramaledire questi politicanti, ma senza assumere iniziative incisive che portino alla loro estromissione. Questo lamento, questa indignazione, parola significativamente utilizzata come emblema, appaiono come l'incapacità di interi popoli di andare aldilà di una protesta indistinta, il segno evidente di un declino.
Allo stesso modo, risulta significativo come le cose che io dico, qui, ma anche su altri siti, e analogamente anche quando chi le dice è un altro soggetto, esse creiano un vuoto di dibattito, come se incapaci di controbattere nel merito delle argomentazioni, si rifugino in un atteggiamento di silenzio perplesso, senza convenire e nello stesso tempo senza avanzare ipotesi differenti.
C'è davvero un vuoto di capacità dirigente, con atteggimenti che vanno dal solito "fuori Berlusconi", a "quanto sono cattivi gli speculatori", a "ce la meritiamo perchè abbiamo creato un debito così alto".
ùSu altro fronte, ci stanno quelli che "Marx l'aveva detto", che "niente di nuiovo, si tratta sempre del capitalismo".
Questa carenza di coraggio, del coraggio che richiede un'analisi critica spregiudicata, come quello richiesto per cambiare opinione, o quantomeno per percepire la novità della situazione a livello internazionale, rende del tutto irrealistico uscire dal circuito imposto da chi oggi comanda, tutto basato sul "fare bene i compiti", anche se ciò implica la distruzione dell'economia nazionale.
Invece, questa stessa crisi sarebbe una grande opportunità per buttare all'aria il tavolino, per operare in conformità alle sempre più urgenti esigenze ambientali, per rimettere al centro dell'economia il criterio della piena occupazione.
Ciò a cui assistiamo è invece il completo oscuramento mediatico del problema generazionale, con le oscene proposte del rinvio dell'andata in pensione. Eppure, la correlazione tra permanenza dei vecchi al lavoro e assenza di posti per iloro figli sembra ovvia: perchè si dovrebbe puntare sulla crescita per dare lavoro ai più giovani, e non invece accelerare il turn over, immaginando addirittura prepensionamenti, ed ancora riprendere il tema della riduzione dell'orario di lavoro.
Una classe politica inetta ha più volte negliu ultimi anni attuato misure proprio finalizzate a distruggerla lì'occupazione. Uno dei casi più clamorosi fu l'introduzione da parte di Visco dell'IRAP, una tassa per l'aziende calcolata sul monte dei salari, poi gli incentivi per una crescente automazione nelle aziende, l'incoraggiare la grande distribuzione i cui risparmi stanno tutti nel ridurre al minimo i propri dipendenti, la mancata protezione dei propri prodotti agricoli che sta portando al progressivo declino dell'agricoltura ed alla progressiva riduzione dei terreni coltivati. Tutto ciò ha, per colmo, dei danni collaterali, ma il pensiero unico che domina nelle nostre società, l'omologazione culturale del mondo di oggi, rende ciechi e sordi di fronte alla realtà, e il pantano in cui siamo va progressivamente trasformandosi in sabbie mobili.
Sarà in fondo un problema di carenza di onestà intellettuale?

martedì 16 agosto 2011

L'EUROPA E LA CORDA TIRATA TROPPO

Brevemente, tenterò di fare qualche riflessione.
La prima riguarda l'auspicato maggiore ccoordinamento nelle politiche economiche e fiscali dei paesi europei. Ben, io dico, se vogliamo un maggiore peso del livello europeo, creiamo le strutture istituzionali per ottenerlo, ed in democrazia ciò significa organismi elettivi.
Niente di tutto questo, il coordinamento significa semplicemente che i premiers dei vari paesi si ritengono vincolati a scelte comuni. Questo in italiano significa fine della democrazia, come è ovvio quando il meccanismo delle decisioni richiede un supergoverno che non è espressione dei cittadini.

Andiamo adesso al dibattito seguito al DL recentemente approvato dal governo.
In un precedente post, ho mostrato la mia contrarietà alla cosiddetta supertassa. Però, bisogna intendersi, ero contrario perchè ritenevo, come ancora ritengo, che andrebbe prevista un'imposta patrimoniale straordinaria, di quella ordinaria ci sarà tempo per rifletterci.
Invece, e qui fanno a gara parti del PDL, probabilmente ispirati dallo stesso premier, e parti dell'opposizione, in particolare l'UDC, tale tassa andrebbe sostituita rinviando la data di pensionamento, privatizzazioni a tutto spiano, ed eventualmente aumento dell'aliquota IVA.
Sul pensionamento, ho già detto, sottolineando come si tratti di una misura che col,pisce i giovani che condanna alla disoccupazione per ritardo nel turn over. Questa è una conseguenza ovvia ed inevitabile, e non capisco come ci possa esserte qualcuno che non se ne renda conto.
Sulla privatizzazione,e qui è d'accordo anche il PD, hanno già detto gli elettori quando un referendum li ha chiamati ad esprimersi sull'acqua, ed è semplicemente osceno che una classe politica indecente voglia perseverare ignorando completamente la volontà popolare.
Infine, sono contrario all'aumento dell'IVa non per le argomentaszioni espresse da Berlusconi, ma per il motivo di fondo che si tratta di una tassa indipendente dal reddito, che colpisce nella stessa misura chi ha un reddito di mille euro l'anno e chi ne ha invece un milione, tutto va messo nell'IRPEF se si vuole rispettare il dettato costituzionale della differenziata misura nel sostenere lo stato sulla base del reddito.
Come si vede, un osceno provvedimento riesce a suscitare ipotesi di cambiamenti peggiorativi, e qui la collocazione politica conta a quanto pare poco. Ciò oggettivamente spinge verso la radicalizzazione dello scontro, perchè questa classe politica europea, che ha collezionato solo insuccessi, continua a vessare i cittadini, e la corda prima o poi si spezzerà.

sabato 13 agosto 2011

QUESTI O SONO SCEMI O SONO DEI TRADITORI DELLA NOSTRA PATRIA

Ormai è diventato ufficiale: questi sono tutti scemi.
Non ho il tempo per affrontare nel dettaglio i provvedimenti varati ieri dal governo, e ci tornerò.
Per ora, voglio riassumere i lineamenti fondamentali della situazione.
Un gruppo di criminali altrimenti detti grandi capitalisti, hanno deciso di aumentare i loro guadagni e i loro già pingui patrimoni attraverso creazione di cartaccia, comunemente chiamati titoli.
Allo scoppio pochi anni fa della famosa bolla speculativa, hanno ottenuto dai loro complici, comunemente chiamati governanti, i soldi necessari per non fallire, trasferendo i propri guai finaziari ai bilanci statali. Badate, i governi erano ben consapevoli che questa non era una soluzione al problema, perchè questa massa immane di cartaccia circolante sul mercato finanziario globale, erano troppi anche per il complesso delle nazioni, era solo regalare un po' d'ossigeno alle banche che altrimenti sarebbero fallite di colpo.
La non soluzione del problema ha, come era ovvio attendersi, riproposto la crisi dei mercati finanziari, colpendo in maniera mirata specifici paesi.
La BCE e i suoi dirigenti, parte importante di quel establishment finanziario che aveva prima provocato la crisi e poi appioppato ai noi contribuenti il costo degli errori propri, ormai preoccupati che la crisi possa scoppiargli in mano, mandano una lettera al governo italiano, imponendogli certe misure come condizione per intevenire sul mercato a comprare i nostri titoli di stato. Nella sostanza, per salvare il proprio culo (scusate l'espressione colorita), ci vogliono dettare le misure di pertinenza nazionale.
Questo messaggio, questa lettera che è evidentemente il segreto di Pulcinella, visto che chi conta la conosce perfettamente, opposizione compresa, perviene prontamente anche a Tremonti e a Napolitano, i quali senza battere ciglio si mettono in moto per ubbidire diligentemente, ognuno con la propria retorica, ma nella sostanza eseguendo il compito che quel circolo a cui appartengono chiede loro. Essi dicono, come già in occasione del precedente proivvedimento che è il momento della responsabilità nazionale e roba simile. Naturalmente, bisognerebbe argomentare perchè interpretando questo ruolo di esecutori del dettato dell'establishment finanziario, essi difendano la loro nazione e non piuttosto la tradiscano. In verità questo argomentare non viene neanche tentato, perchè davvero non si capisce come questo trasferimento di risorse dai propri contribuenti ai ricchi del sistema globale possa definirsi come un servizio utile, anzi addirittura provvidenziale, al proprio paese: intanto, essi si vestono di questo ruolo di salvatori della patria, qualche ingenuo finirà certamente col credere loro.
Berlusconi e Bossi, i due compari che dovrebbero governare a partire dal loro successo elettorale del 2008, non ne vorrebbero sapere di tali provvedimenti che toglierà loro voti. D'altra parte, sono due parvenu che l'establishment finanziario non considera come propri membri, anzi se ne libererebbe molto volentieri, ma certe formalità democratiche vanno rispettate, così si limitano a sopportarli alla meno peggio. Però Tremonti e Napolitano sanno che essi devono essere della partita per garantire il passaggio in parlamento, e così scatta l'operazione di loro convincimento, che alla fine funziona. Cosa convince i due compari? Qui, penso che il gioco si sia fatto pesante, e credo che alla fine i guai giudiziari di Berlusconi abbiano svolto il ruolo fondamentale. Se Napolitano avesse dimissionato il governo, provvedimenti di restrizione alla libertà personale di Berlusconi sarebbero diventati possibili se non quasi certi. Si capisce come Berlusconi abbia dovuto "obtorto collo" cedere, e a quel punto anche per Bossi la cosa sarebbe diventata pericolosa, finiti all'opposizione e senza grandi prospettive di tornare al governo dopo elezioni anticipate.
Nel frattempo, l'opposizione fa parte della partita, non è credibile, sulla base della storia pregressa, che gente come Bersani potesse schierarsi contro la BCE, e lo stesso dicasi ovviamente per Casini. La cricca li comprende, ma hanno la possibilità di fare i duri, di tuonare contro provvedimenti sulla cui sostanza sono d'accordo, sparano su Berlusconi, ma davvero anche un bambino capirebbe che la manovra non è certo farina del suo sacco.
In definitiva, a partire dalle più alte cariche dello stato, ognuno gioca con più o meno abilità il proprio ruolo in commedia, tutti schiavi di questo sistema che ha deciso di distruggere ogni parvenza di democrazia nel mondo, ed attraverso il conformare i propri comportamenti anche istituzionali a questo canovaccio, conservare la propria misera fetta di potere.
Sul merito del provvedimento dirò soltanto che la scelta di non prevedere una patrimoniale è certamente classista, che non v'è nulla per lo sviluppo, e non promuoverlo, seppure in sè corretto, deve essere accoppiato a misure protezionistiche, sennò finiamo davvero per soccombere.
Infine, Tremonti non ha trovato una singola parola per dichiarare i propri errori nella scelta del primo provvedimento che egli aveva proposto come risolutivo. Ora si scopre che esso era inadeguato sia nella tempistica di attuazione che nell'entità complessiva: perchè mai oggi dovremmo credere che altri 45 miliardi dovrebbero bastare? Normalmente, Tremonti e Napolitano, dopo aver fallito clamorosamente nella loro operazione di promozione di quel fallimentare provvedimento, si sarebbero entrambi dovuto dimettere. Ma no, tornano alla carica con gli identici argomenti del provvedimento precedente, e ancora ci chiedono di rimanere solidali rispetto alle misure dolorose ma necessarie.
Un solo conteggio elementare, un punto in più di interessi da pagare sui titoli di stato, vale quasi venti miliardi l'anno. così 45 miliardi corrispondono appena a 2,5 punti di interessi. Forse sarebbe il caso di ricordare che abbiamo di recente assistito a un aumento dei tassi anche superiore ai quattro punti: in altre parole, non saranno i 45 miliardi ad essere sufficienti, e neanche dieci volte tanto probabilmente.
La soluzione quindi per qualsiasi persona di buon senso non sta nel pagare ai ricattatori la somma che da noi pretendono, ad un certo punto sarà troppo alta per essere pagata, ma nell'impedire al ricattatore di svolgere il suo ruolo.
Per questo, vi dico: guardatevi accuratamente dai salvatori della patria, quelli sono dei traditori travestiti.

venerdì 12 agosto 2011

NOTE FISCALI

Ormai credo che in Italia siamo prossimi alla follia totale.
Ieri, Bersani ha detto che chiedeva formalmente al governo di non tremare, do avere il polso fermo. La cosa che mi preoccupa è quel "formalmente": come, Bersani vuole formalizzare un invito che a tanti sembrerebbe del tutto generico? E quale sarebbe una risposta adeguata dal governo, quella di una foto del polso di Berlusconi, col polso ben fermo nell'apporre la firma al provvedimento?
Bersani, io le chiedo "formalmente" di ben riflettere prima di aprire bocca, sennò dobbiamo concludere che il leader dell'opposizione si è adeguato all'uso disnvolto del linguaggio dell'attuale premier.
Secondo elemento di follia, stavolta nel settore dell'informazione. Oggi, Libero titola dicendo che la ventilata trattenuta fiscale aggiuntiva sui redditi alti sarebbe una patrimoniale. Evidentemente, i redattori di "Libero" non conoscono il significato delle parole. "Patrimoniale" non può che essere una tassa basata sulla consistenza dei patrimoni, mentre è evidente che la tassa di cui si parla è sui redditi. L'una quindi è l'esatto opposto dell'altra, perchè un'imposta sul reddito riguarda quanto si è guadagnato nell'anno, e nulla dice sulle ricchezze eventualmente accumulate in tutta la sua vita da quel soggetto, mentre la patrimoniale colpèisce proprio la ricchezza accumulata, e non ha alcun rapporto su quanto quel determinato soggetto ha guadagnato nell'anno, potrebbe anche essere a reddito zero.
Le parole, cazzo, usiamole correttamente, stiamo massacrando la lingua che c'hanno insegnato, e finiremo con il non capirci più l'un l'altro.
Lasciamo ora i giornalisti ignoranti alle loro occupazioni più o meno meritorie, lasciamo anche i politici ai loro giochetti che nascondono il loro vuoto mentale.

Vediamo ora di esaminare alcune alternative di prelievo fiscale.

Ha senso un contributo straordinario da parte dei redditi più alti? Certamente no, perchè quei redditi sono già tassati al 43%. Si tratta poi di un importo del tutto marginale, perchè sono pochissimi coloro che dichiarano redditi di quel livello, praticamente soltanto lavoratori dipendenti che come noto non hanno scelta.
Gli altri, la gran massa di ricchi, o evade apertamente, o elude sfruttando la legislazione fiscale vigente: insomma, sarebbe un massacro dei contribuenti più fedeli, e porterebbe un contributo del tutto risibile. Infine, chi ha un reddito alto non è necessariamente ricco, perchè guadagnare una cifra mensile (lorda) attorno ai diecimila euro mensili non arricchisce: quanti anni occorrono a un tale soggetto per mettere da parte quanto gli occorre per acquistare un appartamento? Diciamo quindici anni, tanto per fare una stima approssimatriva. Ebbene, c'è gente che possiede anche sei-otto case, e magari gode di una pensione di trentamila euro l'anno: non verrebbe considerato ricco, ma nei fatti lo è molto più di chi gode sì di un reddito alto, ma è nullatenente.
Così, se si vogliono riequilibrare i conti statali, ci vuole necessariamente una patrimoniale. Anche stabilito un meccanismo di tassazione basato sui patrimoni, rimane la questione se si debba trattare di un contributo stabile o "una tantum".
Io non avrei dubbi sul fatto che ci debba essere un prelievo straordinario che dovrebbe riguardare qualsiasi tipo di proprietà, e segnatamente quello immobiliare come quello mobiliare.
Non bisognerebbe immaginare un importo eccessivamente elevato, ma certamente dovrebbe portare a una riduzione significativa dell'ammontare del debito pubblico, qualcosa come trecento miliardi di euro potrebbe essere una stima ragionevole.
La questione invece della tassazione a regime dei patrimoni riguarda, credo, più la modifica che non l'introduzione. Gli immobili vengono già tassati (concorrono all'IRPEF), e anche sui titoli c'è un prelievo. Qui sorge il problema, in quanto si tratta di un prelievo forfettario, paga il 12,5% sia chi possiede diecimila euro di titoli, sia chi ne possiede dieci milioni, stessa aliquota. Così però si viola il disposto costituzionale che esplicitamente impone un contributo fiscale progressivo. Indipendentemente quindi dal problema impellente di fare cassa, non v'è alcun motivo ragionevole per escludere i redditi da titoli dalle altre forme di reddito, gli interessi incassati dovrebbero aggiungersi al reddito complessivo ed essere tassati quindi con l'aliquota marginale di quello specifico soggetto. Se un soggetto lo chiede, o se è straniero, allora si dovrebbe prevedere un prelievo alla fonte, ed in questo caso si dovrebbe applicare l'aliquota massima prevista sui redditi, il 43% attualmente.

mercoledì 10 agosto 2011

ASPOETTI GENERAZIONALI DELL'ATTUALE CRISI

Le sommosse giovanili in Gran Bretagna mi danno l'occasione di completare il quadro della situazione economica dei paesi del primo mondo.
C'è un'inquietudine nei più giovani che attraversa un po' tutti i paesi occidentali. Non credo che possiamo meravigliarcene, semmai lo stupore dovrebbe riguardare l'occasionalità delle manifestazioni di tali inquietudini.
Un giovane dei nostri giorni ha ben poco dalla vita, una cereta disponibilità di beni benignamente concessigli dai i suoi genitori (in alcuni casi perfino dai nonni), nessuna autonomia come quella che ciò che ci guadagnamo di persona ci fornisce, le piùà nere prospettive per il futuro più prossimo. Questa situazione risulta tanto più penosa a causa della stessa cultura in cui li abbiamo fatto crescere, nel fatto che i loro genitori appartengono alla generazione che ha sempre esaltato questa forma di emancipazione individuale legata all'indipendenza economica: peccato che questa stessa generazione, dopo avere assicurato a sè stessa questa disponibilità come le più svariate forme di tutela, posto fisso, tutela sanitaria, previdenziale e così via, abbia poi dovuto confrontarsi con l'esaurimento delle risorse e la conseguente impossibilità per lo stato di continuare ad erogare tali servizi, almeno non a quei livelli.
Si parla tanto dell'Europa del welfare e si impreca tanto sulla sua fine, ma forse potrebbe essere utile riflettere sulla transitorietà di tale stagione, la sua brevità temporale, una specie di parentesi durata per circa tre decenni
Epperò, sento molto parlare di diritti acquisiti, di pensioni che termineranno forse con i nati a metà anni cinquanta, di importi che dopo tale generazione nessun'altro potrà ricevere, ma che nessuno comunque accetterebbe di vedersi ridotte, disposto piuttosto a rinviare l'età di pensionamento. Peccato che questa seconda soluzione colpisca non gli anziani ancora al lavoro, ma proprio quegli stessi giovani, rinviando nel tempo il dovuto ricambio generazionale, e questo rinvio, già iniziato da tempo, rischia di trasformarsi per un'intera generazione in un loro salto, niente posti all'età a cui sarebbe ragionevole inziare a lavorare, troppo vecchi quando infine tali posti si libereranno.
Coccolati da sindacalisti e politici che tentano di intercettare il nostro consenso, importantissimo data la nostra consistenza numerica, siamo oggettivamente gli avversari di quei ragazzi, che però finora non hanno trovato la capacità di trasformare una chiassosa protesta in progettualità politica in grado di risultare egemone nella società, anch'essi prigionieri della stessa ideologia che li costringe alla loro marginalità sociale.
Lo voglio esprimere chiaramente, chi chiede liberalizzazioni, chi vuole destinare i soldi pubblici al salvataggio di banche, chi vuole posticipare l'età del pensionamento, tutte queste misure non solo non possono essere condivise, non possono risulatere risolutive dei problemi in cui ci troviamo, ma sono un modo evidente di essere complici dei criminali internazionali che hanno costretto il mondo intero nella presente situazione.
I governi che dovessero intraprendere tali politiche saranno, qualunque possa essere il vessillo che tengono in mano, i nemici del loro popolo e come tali dovranno essere trattati.
Oggi, si gioca una questione vitale per l'umanità, e bisognerà schierarsi dalla parte giusta, non sulla base di sigle di comodo, ma sulla base proprio delle iniziative politiche che verrano assunte.

martedì 9 agosto 2011

IL NOCCIOLO DELLE SCELTE DEI GOVERNI RISPETTO ALLA CRISI FINANZIARIA

A cosa serve ascoltare i notiziari TV e radio? A cosa serve leggere i giornali? A cosa mai serve tentare di informarsi sul web? A cosa serve infine stare ad ascoltare le interviste e le dichiarazioni rilasciate dai politici?

Può certo servire ad occupare il proprio tempo, ma la mia domanda è se serva a qualcosa, se sia utile ai fini della comprensione di cosa stia accadendo sui mercati della finanza internazionale: non è questo che si dovrebbe chiedere al settore dell’informazione, non è ciò che si dovrebbe pretendere da chi, con funzioni differenziate, occupa i mass media, e ne fa anzi il proprio mezzo di sostentamento e di notorietà?

Sfido chiunque a dirmi se in giro per il mondo dell’informazione abbia trovato una spiegazione degna di questo nome di cosa stia succedendo, perché i mercati di tutto il mondo vanno in una stessa direzione, crollo dei corsi azionari, grande movimento dei rapporti tra le differenti valute, e generale aumento dei rendimenti dei titoli, cioè riduzione del loro valore.

Qui di seguito, io, che non sono certo un economista, vi dirò ciò che ho capito, e che mi pare ridurre le questioni all’osso, alla loro sostanza. Lo faccio perché credo che le questioni sul tappeto siano elementari, perfino banali, tanto che un profano come me si può avventurare a dare il proprio punto di vista. Se ne deve dedurre che se stranamente non si sa più di che si parli sui mass media, non è perché sia difficile andare dalla superficie degli eventi al nocciolo vero dei fatti, ma perché evidentemente una coltre di fumo deve interporsi tra la realtà e ciò che, come utenti dell’informazione, ci viene offerto.

Il nocciolo della questione sta semplicemente nel numero che rappresenta l’ammontare complessivo di titoli che gira sui mercati finanziari: si tratta di circa 610 trilioni di dollari, o se preferite di 610 mila milioni di dollari, o ancora potremmo dire circa 430 mila milioni di euro. Un numero così grosso è difficile da quantificare in assoluto, capiamo certo che la cifra è enorme, ma in fondo stiamo parlando dell’intero ammontare di titoli a livello mondiale, e non ci meraviglia che si tratti di una cifra davvero grande.

Per capire quanto grande sia questa cifra, dobbiamo fare un confronto che possa risultare significativo. L’uomo fondamentalmente da’ giudizi comparativi, siamo bravissimi a dire tra due secchi d’acqua quale sia più fredda e quale più calda, ma abbiamo davvero una ben modesta capacità di dire in assoluto quale sia la temperatura dell’acqua, e per questo usiamo i termometri.

Come termine di paragone quindi, useremo il PIL mondiale lordo, che è dell’ordine di un decimo di quella cifra, cioè circa 43 mila milioni di euro.

Questo paragone è particolarmente significativo perché può funzionare da indicatore del rapporto tra la cosiddetta economia reale, cioè quella che dalla produzione va al consumo attraverso gli scambi, e l’economia finanziaria.

Molto succintamente, nel tempo e soprattutto negli ultimi decenni, è cambiato radicalmente il ruolo svolto dalle banche. Fino agli anni settanta, le banche facevano semplicemente da intermediari finanziari. In sostanza, facevano incontrare il risparmio con le imprese, prendevano in prestito i soldi dei risparmiatori, e lo giravano alle imprese che avevano bisogno di denaro per investire.

Oggi a distanza di trentanni, questo ruolo di intermediazione è diventato marginale, le banche prendono ancora a prestito i soldi dei risparmiatori, ma lo utilizzano prevalentemente in proprio, come investitori su titoli altrui, ma anche, e questa è risultata la novità più rischiosa, come emettitori di propri titoli, a volte anche semplicemente rimescolando titoli preesistenti (i cosiddetti prodotti integrati). Paradossalmente, a fronte della severità richiesta ai bilanci statali, le banche hanno avuto mano libera ad emettere titoli senza limite alcuno, cioè le banche hanno generato da un certo ammontare di denaro, diciamo cinque, un ammontare di titoli per svariate volte maggiore, diciamo che da cinque hanno emesso titoli per cinquanta. In questo modo, hanno ottenuto nuovi prestiti da risparmiatori, innescando la spirale che ha portato alla bolla speculativa (in realtà, le banche hanno fatto anche di peggio, dovendosi poi trovare a chi cedere i prestiti ottenuti, tramite i tristemente famosi mutui a tasso inizialmente negativo).

Riassumendo, a causa di questo comportamento irresponsabile di banche ed altre istituzioni finanziare, e naturalmente anche a causa dei disavanzi dei bilanci nazionali, in misura assolutamente prevalente il bilancio USA, oggi ci ritroviamo con titoli a cui non corrisponde nulla di reale. Quando pertanto verranno a scadenza, potranno essere pagati solo emettendo altri titoli in una spirale apparentemente senza fine.

Qui sta il punto fondamentale, tecnicamente i titoli, chi più chi meno, sono spazzatura, cartaccia senza alcun valore reale. Descrivere questa situazione come l’esistenza di un ,maggior rischio di rimborso di uno specifico titolo, è in qualche misura fuorviante, il sistema finanziaro ha una sua intima unità, e il rischio non può essere confinato semplicmente ad un’unica tipologia di titoli. Per fare un esempio, se la Grecia smettesse di pagare i propri titoli in scadenza, banche di altri paesi, tipicamente francesi e tedesche, che detengono grandi quantità di questi titoli, si troverebbero in una crisi di liquidità, e dovrebbero tentare di salvarsi vendendo tutti gli altri titoli nel loro portafoglio. Per la legge dellea domanda e dell’offerta, questo aumento dell’offerta demipremerebbe i corsi di tali titoli, mettendo in difficoltà altri operatori finanziari, e così via, con un movimento di propagazione che non si vede come si potrebbe confinare, e che quindi finirebbe col coinvolgere l’intero mercato finanziario. Questo è ciò che vediamo già oggi, non vi sarebbe motivo perché un titolo azionario industriale dovrebbe soffrire conseguenze negative dalla crisi dei bilanci statali, o perché mai, mentre le materie prime attraggono capitali crescenti, ad esempio l’oro, proprio in questi giorni assistiamo a una diminuzione del prezzo del greggio clamorosa, di venti dollari al barile, in percentuale più del 20% di diminuzione (a proposito, come si spiega la mancata diminuzione del prezzo alle pompe?). Si spiega perché il prezzo del greggio è tipicamente un fatto speculativo, dovuto alle scelte di investimento nei future: se la liquidità diminuisce, anche sul future si punta meno denaro, tutto qui.

Riassumendo, il problema che sta mettendo in ginocchio l’intera economia mondiale, è costituito da questa immane massa di cartaccia che è stata emessa da vari soggetti, e che non si capisce come sarà pagata. C’è forse al mondo anche una sola persona che abbia idea di come risolvere questo problema? E’ inutile che i vari banchieri, soloni di economia, pomposi capi di governo e così via, ci parlino d’altro, noi vogliamo sapere un’unica cosa, cioè cosa fare di questi titoli. Diamo soldi alle banche per resistere al momento dei mancati pagamenti a scadenza dei titoli che esse hanno emesso? Impossibile, questi soldi non li abbiamo, possiamo far fronte alla prossima scadenza, ma dopo? A cosa serve allora pagare una specie di prima rata, quando già sappiamo che le rate successive non potranno essere pagate?

Questo problema non ha soluzione se non costringendo l’intero mondo a produrre dieci anni solo per rimborsare i titoli. In fondo, è questo che ci stanno chiedendo, di rinunciare a tutto per salvare il sistema bancario e i risparmiatori che ad esso hanno affidato i loro risparmi. Cosa in sé lodevole, ma ci sarebbe qualcuno in grado di spiegarmi perché dovrei considerare prioritario salvare il risparmio di una persona che comunque qualcosa da parte ha messo, facendolo pagare col lavoro di una persona nullatenente.

In definitiva, abbiamo un problema finanziario in sé irrisolvibile, e la cui crisi finale può essere solo postergata, ma certo non evitata. Questo rinvio del “redde rationem” può essere ottenuto solo prelevando risorse da chi dispone solo del proprio lavoro per mettere qualche pannicello caldo sulla schiena dei risparmiatori. Ciò d’altra parte implica il mantenimento dell’attuale sistema finanziario, con i medesimi attori, che continueranno ad operare, come è stato ampiamente verificato a seguito della crisi del 2008, con le medesime regole (non saprebbero cosa fare diversamente).

In Italia, i terzopolisti sono diventati i più sfrenati sostenitori delle privatizzazioni, svendiamo lo stato per ottenere qualche spicciolo per andare avanti ancora per un po’.

Il sistema finanziario ed i suoi irresponsabili attori sono i nemici veri dell’umanità, assecondarli significa essere loro complici. Questo va detto chiaramente ai governi di tutto il mondo: chi taglia lo stato sociale, e chi propone la privatizzazione di tutto, è il loro complice ed è il nostro più feroce nemico, si tratta dei veri nemici del popolo.

La parte più ricca dell’umanità ha una parte più o meno cospicua della sua ricchezza in titoli privi di un valore effettivo, i governi dovrebbero semplicemente prendere atto di ciò: per quanto possa apparire dolorosa la prospettiva di ignari e incolpevoli risparmiatori privati dei propri risparmi (ma la responsabilità oggettiva di avere fatto una scelta di investimento sbagliata c’è in ogni caso), ciò è comunque il male minore, rispetto al sacrificare la parte più povera dell’umanità per salvare quella più ricca.

Mai le scelta devono apparire nello loro elementare essenzialità: o si sceglie di salvare i ricchi, o si sceglie di salvare i poveri, delle acrobazie verbali dei politicanti non ne possiamo più, devono uscire allo scoperto e dirci se vogliono salvare i ricchi o i poveri.

venerdì 5 agosto 2011

POLITICANTI INDECENTI

Su questo sito, spesso mi sono occupato di politica interna, ma in questi giorni no, è proprio impossibile parlarne.
Vogliamo parlare delle parti sociali che rimettono le spade nel fodero per dire al governo di fare quyello che gli speculatori vogliono?
Vogliamo parlare delle ipotesi di Casini che sente il governo del paese a sua portata di mano, e comincia a scalpitare?
Vogliamo parlare del PD che, dopo vent'anni di disastrosa politica economica di stampo neoliberista che anche i suoi governi hanno portato avanti, oggi ci ripropone le liberalizzazioni, perchè si vergogna di scrivere privatizzazioni? Dunque sono queste le colpe di Berlusconi, di non avere privatizzato abbastanza rispetto ai desideri di Enrico Letta e delle forze economiche che lo sponsorizzano e di cui ritiene di essere fedele rappresentante?
Vogliamo infine parlare di questo ultrasettantenne che ormai cerca solo conforto tra le braccia di qualche fanciulla compiacente, e che, come ha esplicitamente dichiarato, è troppo occupato a salvare il culo alle proprie aziende per badare al paese di cui è il premier?
Questi politicanti da quattro soldi non meritano la nostra attenzione, devono solo andare a casa, ringraziando di salvare la propria pelle, inetti cospiratori contro l'interesse generale.

martedì 2 agosto 2011

LA POLITICA DEL FOTTICOMPAGNO

Lo stesso Bisin ritorna a impartirci la sua solita lezione con un altro suo articolo, basata sempre sulle solite, stantie argomentazioni.
Sostanzialmente, ci dice che esiste una logica sua propria nei movimenti nei mercati finanziari di questi giorni. Su questo, sfonda certo una porta aperta, nessuno sostiene che gli operatori finaziari siano dei pazzi. Il punto tuttavia è un altro, ed è che si tratta di una logica perversa che a sua volta discende da regole che i mercati si sono dati da loro e la cui affermazione ci porterebbe a conseguenze del tutto sciagurate.
Chiunque capisce che il debito USA è la vera mina vagante dell'economia globale, visto che è quasi tutto piazzato all'estero, ma ciò non equivale a considerare le agenzie di rating e gli invesitori dei pazzi perchè classificano gli USA meglio di tanti ben più virtuosi paesi (e tra questi tocca anche all'Italia stare), ma soltanto che i giudizi tengono conto del quadro complessivo, non ignorando quindi il ruolo di potenza di gran lunga più potente del mondo. Questa però è una motivazione extrafinanziaria, ma del tutto sensata, su questo non c'è dissenso.
Il punto è che nessuno sa dire come uscire da questa situazione, come provare a riassorbire questo enorme debito, e, visto che gli USA per il loro stesso ruolo internazionale non possono fallire, toccherà ad altri rimetterci le penne, e qui in Europa abbiamo capito, dovremmo tutti aver capito che la riscossione del conto è già in corso.
Ora, se io sono un governante, devo capire come fare ad uscire da una tale situazione, mi dovrei porre questo problema, e dare una qualsiasi risposta, fosse anche non del tutto soddisfacente. Invece, che facciamo? Semplicmente lo ignoriamo, rimandiamo il momento del "redde rationem", m facciamo finta che il problema sia un altro, e pretendiamo di uscire da una situazione che è senza uscita globalmente, e che può soltanto trovare soluzioni nazionali. Certo, stringiamo la cinghia e riduciamo drasticamente il debito, si può fare, ma ciò equivale semplicemente a spostare su un paese concorrente la mira della speculazione, non a risolvere il problema insolubile del debito USA. Su questo speicfico problewma, saremo sempre coinvolti, o attraverso l'euro, o attraverso l'FMI, ne dovremo sempre pagare le conseguenze, a meno che decidiamo di uscire da questo mercato, ne riconosciamo il carattere inerentemente fittizio e nello stesso tempo vessatorio.
E infine, mi preoccupa questo monopensiero che pretenderebbe addirittura di essere di sinistra, anche nell'alveo di una certa tradizione marxista, per cui bisogna crescere. Sì, è vero, il capitalismo richiede la crescita sennò non può reggere, è una questione intrinseca al proprio stesso modo di funzionamento, ma crescere è impossibile in un mondo in cui il tasso di aumento dell'anidride carbonica continua a crescere a ritmi preoccupanti, in cui le scorte di combustibili fossili (ma anche nucleari in realtà) tendono a diminuire, in cui le miniere da cui traiamo tanti minerali così fonbdamentali per lo sviluppo tecnologico sono alla soglia dell'esaurimento, in cui la superficie coltivabile tende a contrarsi, e che quindi porterà presto a dimensioni spaventose la differenza tra produzione ed esigenze alimentari.
Ma per la gente come Bisin l'unico problema sembra essere come fottere magari il Belgio alo nostro posto senza neanche minimamente neanche tentarre di capire le dimensioni immani dei problemi che abbiamo di fronte, e che certo sarebbe ridicolo asddebitare ad un uiomo ridicolo copme l'attuale premier.

lunedì 1 agosto 2011

DEFAULT USA, ISTRUZIONI PER L'USO

Mi chiedo se qualcuno di voi ha capito qualcosa in questa vicenda, oggi a quanto pare scongiurata, del possibile default USA.
Apparentemente, girando nella blogsfera, mi pare che la maggior parte della gente si sia prudentemente tenuta fuori da questo argomento, e credo che ciò sia prevalentemente dovuto a una difficoltà a comprendere pienamente cosa stava accadendo proprio al centro dell'unica nazione davvero imperialista rimasta.
Naturalmente, non si può pretendere che uno come noi, che ha una sua propria professione, un suo proprio inerario culturale, debba avere specifiche competenze in campo finanziario, una cosa da specialisti, saremmo tentati di dire.
Eppure le cose non stanno proprio in questi termini, almeno io ho una visione differente della situazione.
Per cominciare a svolgere il mio ragionamento, vorrei partire da questo articolo, uno dei pochi editoriali il cui autore abbia avuto iol coraggio di esprimere un'opinione chiara in proposito.
Ebbene, la tesi dell'autore appare davvero sorprendente. Come potete apprezzare se leggete l'articolo, l'autore sostiene che il problema che gli USA si trovavano a fronteggiare era nella sostanza soltanto una schermaglia politica, nessun problema finaziario reale, come invece sarebbero per questo giornalista quelli che si trova a frontaggiare l'area dell'euro.
Il punto è che quando qualcuno richiama il concetto di reale e di realismo, allora è proprio il momento di stare in guardia. E se si adotta un atteggiamento critico, allora si capisce che il ragionamento di quell'articolo può essere agevo,lmente capovolto.
Detto schematicamente: cosa sarebbe successo negli USA a seguito del default, e cosa in Europa a seguito degli attacchi speculativi della passata settimana?
Ebbene, negli USA, nulla di realmente grave per l'articolista, semplicemente da settembre non si sarebbero potute pagare le pensioni e alcuni stipendi, quisquiglie e pinzellacchere, avrebbe detto Totò, soltanto che il governo federale non aveva più un dollaro a propria disposizione: dobbiamo allora concludere che per l'articolista tutto questo sia solo qualcosa di virtuale?
A fronte di ciò, in Europa avremmo avuto sostanzialmente un problema di quotazione di spread, come dire quindi che la considerazione del mercato per il debitore Italia era minore rispetto al debitore Germania. Qui, mi pare, siamo davvero nel virtuale, che si trasforma in reale solo per chi compra e vende spread o magari titoli di stato ed altri titoli a questi collegati. E' interessante notare come nell'articolo citato ciò appaia più reale del venire a mancare improvviso dei mezzi di sussistenza per milioni di cittadini USA.
Il problema però non sta nelle specifiche opinioni di specifici soggetti che operano nel settore dell'informazione, quanto piuttosto nella questione in sè. Il fatto è che i meccanismi dei mercati finanziari sono divenuti così complessi e tendono così tanto ad evolversi, che attribuire loro un significato appare davvero una pura questione di opinione.
Voglio insomma dire che il meccanismo di funzionamento dei mercati è diventato una variabile indipendente, che si autocostruisce, si autolegittima e infine si autointepreta.
Cosa sono i rating espressi dalle apposite società? A quale criterio oggettivo ed indiscutibile fanno riferimento? A nessuno, come si può concludere quando si veda che alcune volte esse esprimono giudizi differenti sullo stesso soggetto.
Ma c'è una questione più di fondo: il rating esprime un giudizio relativo o assoluto? In altre parole, si misura come un soggetto si colloca all'interno di una classifica che riguardi soggetti analoghi, oppure il giudzio esprime la soddisfazione di un criterio assoluto, che prescinda dalla situazione degli altri soggetti?
Pensavo a questo ascoltando i vari notiziari, e il sospiro di sollievo che il mondo intero avrebbe tirato alla notizia dell'accordo avvenuto tra parlamento e Presidente. Se il giudizio fosse relativo, la discesa di un pezzo grosso come gli USA avrebbe di fatto allievato la situazione di paesi in sospeso come l'Italia. Qui, non esprimo alcuna considerazione sulla relativa capacità di solvenza, che per inciso, mi pare ben più alta per l'Italia, i cui creditori sono ancora in lieve maggioranza propri cittadini, rispetto agli USA, i cui creditori sono quasi tutti esteri. Ma, qualcuno potrebbe obiettare, gli USA sono la prima potenza del globo. Questa però non è uina considerazione che si basi su motivazioni tecnico-finanziario, bensì chiaramente di tipo politico, e allora queste agenzie di rating sono a tutti gli effetti soggetti politici: per me non è certo una sorpresa, ma per altri, per i difensori del mercato, per costoro come si possono conciliare queste considerazioni con la sacralità intrinseca del mercato?
Allora, se non è relativo, il rating è un giudizio assoluto, ma subito viene fuori un altro problema: che senso avrebbe fissare un criterio assoluto e quindi necessariamente astratto? Se il rating non rappresenta un giudizio di valore, ma semplicemente un criterio per orientare le scelte degli investitori, allora, il criterio non può che essere relativo, scelgo gli USA perchè sono migliori dell'Italia o viceversa. Se entrambi i paesi sono pessimi, e così lo sono quasi tutti, allora come investitore il reating sartebbe del tutto inutile, uno strumento inadeguato allo scopo per cui era stato pensato.
La questione quindi è proprio quella che dicevo prima, che chi ha capacità di orientare il mercato, o peggio di determinarlo, lo fa esclusivamente per i propri interessi, e tutte le sciocchezze che ci vorrebbero far credere su ratings e roba simile sono solo pezze d'appoggio per scelte già fatte.
Ora, su questo vero e proprio imbroglio, si sta portando avanti un colossale processo di trasferimento di risorse economiche dai poveri ai ricchi del mondo, e tutto ciò avviene di fronte a una classe politica mondiale pusillamine o frnacamente complice, e di fronte a un'incomprensibile passività dei popoli, come se ci si facesse sfilare il portafoglio da un rapinatore che invece di usare un'arma per perpetuare il suo crimine, lo facesse con un ampio e simpatico sorriso, e le vittime si facessero abbindolare così facilmente senza opporre resistenza alcuna.